Shohei Ohtani firma con i Los Angeles Dodgers

9 dicembre 2023 Matteo Orsolan

È successo finalmente. Dopo giorni e notti di notizie, contro-notizie su dove si trovasse Shohei Ohtani, fotografato e inseguito tra Toronto, New York e Los Angeles, alla fine è arrivata la tanto agognata firma. L’asso giapponese ha deciso di rimanere in California, in area losangelina, firmando con i Los Angeles Dodgers il contratto più ricco della storia dello sport americano.

700 milioni di dollari in 10 anni. Significano circa 70 milioni di dollari all’anno, 192.000 al giorno, 133 dollari al minuto, ma soprattutto 432.000 dollari a partita. E vorrei ricordare che in MLB si giocano 162 partite ogni stagione.

La free agency dell’MLB, con i consueti Winter Meetings, era in una fase di stallo, chiunque stava aspettando la decisione di Ohtani, considerato il free agent più di lusso della storia della MLB, per poi iniziare a muoversi (a parte lo scambio tra New York Yankees e San Diego Padres che ha portato Juan Soto nel Bronx).

Ora la firma è arrivata per davvero, ma chissà se basterà ai Dodgers. L’anno scorso sono stati la delusione dell’intera lega, facendosi eliminare 3-0 al primo turno della postseason dai futuri vice-campioni, gli Arizona Diamondbacks.

Per chi non fosse un esperto di MLB, Shohei Ohtani è l’unico giocatore attuale capace di eccellere sia sul monte come lanciatore sia nel box come battitore. Il nipponico è probabilmente il giocatore che più si è avvicinato alla grandezza del leggendario Babe Ruth.

Al termine dell’ultima stagione, in cui è stato nominato MVP dell’American League per la seconda volta in carriera, ha annunciato che nel 2024 non sarebbe salito sul monte di lancio a causa di un’operazione subita al gomito. Perciò nella prossima stagione vedremo Ohtani con la divisa dei Los Angeles Dodgers, ma solo come battitore designato, anche se di super lusso.

Ed ecco a voi i primi tre giocatori dell’ordine di battuta dei Dodgers per la stagione 2024: Mookie BettsShohei OhtaniFreddie Freeman. Il manager Dave Roberts è costretto a portare le World Series al Dodgers Stadium ed evitare l’ennesimo e consueto fallimento di ottobre.

PLAYIT USA

 

N E T W O R K

Dal blog L’Ultimo Uomo

 

Fidel Castro, il baseball e la rivoluzione

Fidel Castro avrebbe potuto davvero diventare un lanciatore?

L’uomo era un italo americano basso e piuttosto grasso. Vestiva un completo di lino bianco con la camicia fuori dai pantaloni e i bottoni di finta perla; sulla testa un panama, tra le labbra l’immancabile sigaro. Si chiamava Joe Cambria, anche se in realtà all’ufficio dell’anagrafe di Messina nel 1890 l’avevano registrato come Carlo. Ma alla fine degli ‘40 all’Avana era diventato per tutti “Papa Joe”. Non parlava spagnolo ma un esperanto in cui mischiava italiano e parole in castigliano, ma per il baseball aveva l’occhio lungo. Dalla metà degli anni ’30 era “l’agente all’Avana” dei Washington Senators, lo scout capace di mandare di là dal mare dei Caraibi in tutta la sua quasi trentennale carriera più di 400 giovani giocatori cubani.

 

Secondo il mito un giorno lo sguardo di “Papa Joe” si posò su uno studente di legge con indosso la casacca dell’Università dell’Avana. Era un lanciatore dotato di una fastball veloce ma spesso fuori controllo e di una buona curva. Si chiamava Fidel Castro e Cambria decise di concedergli un provino. Il giovane Fidel fu scartato due volte.

La storia del provino di Castro con i Senators è destinata a restare una leggenda non suffragata da alcun solido appiglio storico. Secondo altre versioni anche gli Yankees e i Giants sarebbero stati interessati ad ingaggiare il lanciatore cubano futuro Lìder Maximo, che avrebbe perfino rifiutato un contratto di 5mila dollari offertogli da Alex Pompez, lo scout dei Giants.

Questi racconti non furono foraggiati solo da Fidel, nel tentativo di alimentare il proprio mito, ma anche dagli Stati Uniti, nello sforzo contrario di riscriverlo quel mito, di immaginare cioè una sceneggiatura diversa per la storia di Cuba, l’isola che nell’immaginario collettivo statunitense è stata per decenni uno spauracchio a sole 90 miglia di distanza. Un po’ come il plot rivisto di 22.11.63, la serie tv ispirata al romanzo di Stephen King, in cui si prova ad esorcizzare un altro doloroso momento della storia americana: l’omicidio di Jfk.

 

Del resto associare Castro a termini come “Senator” o “Yankee” è un tentativo che rivela anche una malcelata trama caricaturale. Secondo Brian McKenna autore di un lungo articolo per la Society for America Baseball Research, improntato ad una delle inclinazioni più peculiari dello spirito anglosassone, ovvero il fact cheking, Fidel non aveva un talento per il gioco tale da consentirgli un contratto professionistico, anzi forse praticò il baseball a livello scolastico solo sporadicamente. L’unica traccia di un Fidel Castro sul monte di lancio per la squadra della facoltà di legge opposta a quella di economia risale al novembre ’46 e Fidel, ammesso che fosse stato lui, concesse 5 punti e 5 valide risultando il lanciatore sconfitto. La partita finì 5-4. Questa prova è citata dal professore di Yale Roberto González Echevarría, nel libro The history of cuban baseball.

Sempre secondo McKenna è allo stesso modo un mito l’articolo scritto da Don Hoak, un ex giocatore di baseball, con il giornalista Myron Cope, “The day I batted against Castro”, pubblicato nel 1964 su un magazine sportivo, nel quale Hoak raccontava di essere stato testimone diretto di un particolare episodio accaduto a Cuba durante la winter league del ’50-’51. Nel corso di una partita tra Cienfuegos e Marianao alcuni studenti misero in scena una protesta contro Batista entrando sul diamante. Uno di loro, secondo Hoak proprio Fidel, eseguì anche alcuni lanci, prima di essere cacciato fuori dal campo. Hoak non risulta abbia giocato nella winter league cubana in quell’anno, Batista prese il potere con un colpo di Stato nel marzo del ’52, quindi è difficile immaginare proteste così vistose. Inoltre ci sarebbero una serie di incongruenze su nomi dei giocatori riportati in campo.

 

Eppure quella della destrezza di Castro sul monte di lancio è una bella storia. Forse perciò il tentativo migliore per raccontarla è proprio un romanzo: “Castro’s Curveball”, in cui lo scrittore Tim Wendel immagina il leader cubano come una promettente stella del baseball in procinto di passere ai Senators. La tesi di fondo è sempre quella: cosa sarebbe successo se Castro si fosse dato al baseball invece che alla rivoluzione.

 

Los Barbudos”, il baseball usato per costruire il consenso

Fidel non ebbe mai abbastanza tempo per il baseball. In definitiva forse non fu nemmeno un buon atleta, anche se ovviamente su questa versione la propaganda ufficiale non concorda. Inoltre il baseball, inteso come occasione per svoltare la vita, era una prerogativa dei ceti sociali più poveri, mentre Castro proveniva da una famiglia abbiente e la laurea in giurisprudenza gli prospettava una carriera costellata da successi e lauti compensi.

Una volta preso il potere, la disciplina del “batti e corri” però gli tornò utile per costruire il consenso intorno alla rivoluzione che in quell’epoca muoveva i primi passi. In quest’ottica si collocano le esibizioni dei “Los Barbudos”, forse il nome più evocativo mai dato nella storia ad una squadra di baseball. Durante il periodo trascorso sulle montagne, infatti, Fidel e i suoi decisero di non tagliarsi più la barba finché non avrebbero ottenuto la vittoria. Ma evidentemente continuarono anche dopo.


Nei “Los Barbudos” giocavano Fidel, suo fratello Raul, Camilo Cienfuegos e altri eroi della rivoluzione. Ernesto Che Guevara da buon argentino preferiva il calcio (uno sport, per la verità, praticato in gioventù anche da Fidel). Una delle esibizioni di Castro sul diamante realmente testimoniate accadde il 24 luglio del ’59. Fidel salì sul monte indossando la casacca numero 19 per sfidare una formazione della polizia cubana. Giocò due inning e riuscì ad eliminare, con la compiacenza dell’arbitro, anche un paio di battitori. Cienfuegos, che inizialmente doveva lanciare per la squadra avversaria si rifiutò di farlo :dichiarando «Non sarò contro Fidel nella vita e nemmeno nel baseball», e fu schierato come catcher. Era un sinistro presagio: pochi mesi dopo Cienfuegos morì in un incidente aereo dalle circostanze poco chiare. Secondo alcuni Castro temeva la sua ombra.

Al termine del match di esibizione si affrontarono gli Avana Sugar Kings e i Rochester Red Wings per un match valido per l’International League, una lega del livello di triplo A aperta anche a Canada e Cuba. La partita, a cui presenziò sugli spalti anche Fidel, che era un fan appassionato dei Sugar Kings, si protrasse e fu rinviata al giorno dopo. Ma le cose andarono per le lunghe anche in quella circostanza. A mezzanotte partirono i festeggiamenti per l’anniversario del 26 luglio. Erano quelli gli ultimi bagliori del baseball a stelle e strisce sull’isola. L’anno dopo Castro nazionalizzò le aziende americane sull’Isla Grande e il commissioner della lega, su pressioni del segretario di Stato, decretò il trasferimento degli Sugar Kings a Jersey City. Nello stesso anno a Cuba fu abolito lo sport professionistico, perché gli interessi economici che vi giravano intorno non coincidevano esattamente con gli ideali della rivoluzione. «Chi ama veramente lo sport, preferisce mille volte questo tipo a quello professionistico», sentenziò il Lìder Maximo nel ’64.

Apparire agli occhi del popolo come un fan del gioco, anche se in realtà lo è sempre stato, e propagandarlo grazie alle esibizioni di tanto in tanto dei “Los Barbudos”, era però per Fidel un modo per identificare la rivoluzione stessa con lo sport nazionale, molto amato dai cittadini cubani, soprattutto quelli delle classi sociali più basse. Inoltre era la dimostrazione di poter competere con “gli imperialisti” esportando all’estero l’immagine di una Cuba vincente.

Sostiene infatti McKenna che «Fidel non si sarà esercitato a controllare la sua fastball durante il periodo trascorso a scuola. Ma si è dimostrato un vero fenomeno nel trasformare il baseball (inteso come istituzione) in uno strumento per costruire la sua società rivoluzionaria e per mantenere influente la propaganda durante la guerra fredda».

Negli anni, Cuba è rimasta infatti quella powerhouse del baseball mondiale, una fucina pressoché inesauribile di talenti, capace a livello di Nazionale di dominare le Olimpiadi (3 medaglie d’oro e due di argento in 5 apparizioni), l’Ibaf World Cup (25 vittorie in 39 edizioni) e i Giochi Pan Americani (12 vittorie), conquistando anche una medaglia d’argento all’esordio nella World Baseball Classic.

 

L’altra faccia del baseball amatoriale cubano, soprattutto dopo la caduta del muro, la fine delle preziose sovvenzioni sovietiche e la conseguente crisi economica, è stata la feroce repressione, con tanto di carcere e punizioni varie, attuata dal regime contro i giocatori che in misura crescente provavano ad abbandonare il Paese e le sue miserie attirati dal fruscio dei dollari. Molti di loro si sono messi nelle mani dei contrabbandieri, rischiando in alcuni casi la pelle pur di attraversare il braccio di mare che li separava dagli Usa. Qui c’è la lista, piuttosto lunga, di quanti negli anni hanno abbandonato clandestinamente Cuba per giocare nell’Mlb.

 

Il 1999, una squadra americana torna a giocare all’Avana dopo 40 anni

Il baseball nella politica di Castro è stato una costante, una sorta di filo rosso che ha contrassegnato i momenti più importanti. Come nel 1999, durante lo scongelamento dei rapporti diplomatici tra gli Usa e Cuba, deterioratisi progressivamente dopo la rivoluzione fino all’interruzione totale nel 1961. La guerra fredda era ormai tramontata da un decennio e Fidel, nonostante quarant’anni di potere incontrastato, faceva senz’altro meno paura di prima. L’amministrazione Clinton, che aveva già facilitato le restrizioni ai viaggi verso Cuba, avallò così l’idea di Peter Angelos, proprietario dei Baltimore Orioles, di giocare delle partite amichevoli contro la Nazionale cubana. Il 28 marzo 1999 allo stadio Latinoamericano dell’Avana per la prima volta dopo 40 anni una squadra americana rimetteva piede sul suolo cubano. 50mila spettatori presenziarono all’evento, compreso il Comandante che, dopo aver salutato i giocatori ospiti e tenuto, a dispetto delle abitudini, un breve discorso di incoraggiamento ai suoi, prese posto sugli spalti proprio dietro casa base, accanto ad Angelos e Bud Selig, commissioner della lega.

Lo stesso Selig in seguito ha raccontato l’esperienza di quel match a Cuba ricordando in particolar modo la cena della sera prima con Castro in persona, durata fino a notte a fonda, nella quale Fidel pare si dimostrò molto interessato al baseball. Per la cronaca, la partita fu vinta dagli Orioles 3-2 all’11esimo inning. Tra le file dei cubani si mise in luce il lanciatore Josè Contreras, che nel 2002 poi disertò da Cuba. Al ritorno, il 3 maggio, a Camden Yard, la Nazionale cubana rese la pariglia agli americani, sconfiggendo gli Orioles 12-6.

Il baseball ha fatto da contorno anche al viaggio dell’ex presidente Jimmy Carter, che nel 2002 incontrò Fidel per provare a distendere ulteriormente i rapporti tra i due Paesi e fu naturalmente invitato a presenziare ad una partita, effettuando anche il primo lancio.

Una squadra americana è tornata a giocare a Cuba proprio a marzo di quest’anno. Per l’occasione, che simboleggiava la normalizzazione dei rapporti tra Usa e Cuba, sugli spalti era presente Barack Obama in persona. Accanto a lui però non c’era Fidel ma suo fratello Raul, a cui “El Jefe” ha ceduto il potere nel 2008. Con la morte di Castro si chiude un altro capitolo della storia del Novecento. Un’avventura che dal fitto della giungla è arrivata alle onde dell’oceano. Con tanto di barbe, sbuffi di fumo di sigari e baseball. (articolo scritto da Nicola Palmiotto il 30 settembre 2016)

 

Nicola Palmiotto vive a Giovinazzo e tifa l'AS Bari. Laureato in lettere classiche per scommessa (persa), soffre d’insonnia e per questo ha imparato ad amare gli sport americani.

 

Festa di compleanno per il Baseball Novara: una lunga storia durata 54 anni 

Fonte: LA STAMPA  28 ottobre 2021

E’ una data importante quella di oggi nello sport cittadino: il Baseball Novara compie i 54 anni di vita. Il «batti e corri» azzurro nacque infatti il 28 ottobre del 1967 su un campetto del Centro sociale di viale Giulio Cesare. Giulio Genocchio, Francesco Chiaretti, Oscar Calcaterra, Pier Augusto Sguazzini, Aldo Antonini, Giacomo Varalda, Vittorio Moretti, Paolo Mogna, Paolo Maccagnan, Mino Ranzini, Guido Liverziani, Roberto Rossini, Aldo Mongrandi, Paolo Bossi e Beppe Guilizzoni: sono i fondatori del «batti e corri» azzurro. Una disciplina, quella del baseball, che diventò per popolarità seconda solo a calcio e hockey nei primi Anni Settanta, anche se il club novarese non aveva un campo di gioco idoneo, mancando dell’illuminazione. E infatti i pionieri del baseball azzurro dovevano giocare in esilio, sui campi lombardi (ma anche a Torino), fino al 1981, anno dell’installazione dell’illuminazione. Due anni prima, invece, il Baseball Novara aveva trovato «casa» in uno spazio adiacente allo stadio di viale Kennedy: i giocatori e i dirigenti si rimboccarono le maniche, costruendosi lo stadio, con le tribunette Innocenti che accolsero migliaia di spettatori per il debutto interno (il 17 maggio 1981) contro i campioni di Rimini. Da allora il Baseball Novara ne ha fatta di strada: altra data importante il 1983 con la conquista della Coppa Italia, con il marchio TeleMontecarlo. E nel 1988, anno del grande ritorno in massima serie degli azzurri, l’inaugurazione dello stadio intitolato a un ex giocatore, Marco Provini, con le tribune di cemento. Fu l’anno del campionato Mondiale con le nazionali più forti, dagli Stati Uniti a Cuba fino al Giappone. Altra stagione da ricordare il 1992, quando il Baseball Novara (targato Tosi Farmaceutici), con campioni del calibro di Nezi Balelo e Eddie Vosberg, conquistò la seconda Coppa Italia partecipando, nel 1993 e 1994 alla Coppa delle Coppe prima a Bussum, in Olanda, e a Madrid. Poi il Baseball Novara attraversò un periodo difficile, con il disimpegno del main sponsor fino alla scomparsa dalle scene agonistiche. Ma la leggenda non si potrà mai cancellare. (Marco Piatti)

Quei dispositivi ad alta tecnologia anti-virus che stanno sperimentando negli stadi nipponici col pubblico: per vedere se funzionerà ai Giochi. E verso Tokyo attenti a Minakov (47″57)

 

 

 

31 Ottobre 2020 (Stefano Arcobelli)

 

In Giappone si fa professione di ottimismo. In vista dei Giochi 2021, a Yokohama per le partite di baseball si stanno utilizzando dispositivi super tecnologici provando a riempire gli stadi. Telecamere ad alta precisione, dispositivi di monitoraggio dell’anidride carbonica e macchine per la misurazione della velocità del vento come risposte e contromisure contro il Coronavirus. I risultati e le informazioni  acquisiti saranno girati al governo e agli organizzatori dei Giochi al via il 23 luglio. Sono circa 1750 i morti in Giappone su una popolazione di 126 milioni. In questo stadio si svolgeranno le partite olimpiche e dunque il test-misurazioni di prevenzione del virus con 32.000 posti occupati viene considerato assai importante. Gli ingegneri hanno installato dozzine di telecamere e sensori ad alta risoluzione in tutto lo stadio per monitorare l’uso della maschera e i movimenti dei tifosi entusiasti, mentre i rilevatori di CO2 sono utilizzati per misurare la densità. I dati saranno inviati al super computer giapponese “Fugaku” – il più veloce del mondo – per l’analisi. Fugaku è stato utilizzato per simulare la diffusione di goccioline trasportate dall’aria all’interno dei treni o delle aule e anche quando le persone indossano diversi tipi di mascherine. Non ci sono ancora dati su come le goccioline si diffondano all’aperto, ad esempio in uno stadio. Con il vento e il modo in cui gli stadi sono costruiti con sedili a più livelli, si vuol sapere come le goccioline si diffondono in tali circostanze per prevenire le infezioni. Durante il test di venerdì, tutti gli spettatori hanno dovuto indossare maschere e sono stati incoraggiati a installare app progettate per avere le tracce delle persone con cui sono entrate in contatto o per avvisarle di eventuali casi rilevati dopo la partita. I funzionari hanno anche utilizzato i segnali degli smartphone per valutare dove e quando si creavano assembramenti, nel tentativo di ridurre la congestione e migliorare le distanze sociali. Test simili sono previsti anche la prossima settimana al Tokyo Dome, una struttura coperta che ospita la popolare squadra di baseball degli Yomiuri Giants.

Coronavirus: rinviati a settembre gli Europei di softball

(ANSA) - ROMA, 02 aprile 2020

 

La European Softball Federation (ESF) ha annunciato il rinvio delle competizioni per Squadre Nazionali di softball, a partire dal Campionato Europeo assoluto che si sarebbe dovuto tenere a inizio giugno in Friuli Venezia-Giulia.
Le nuove date per la massima competizione continentale, confermate le sedi di Castions delle Mura, Castions di Strada, Cervignano, Porpetto e Ronchi dei Legionari, sono dal 20 al 26 settembre.

 

Predisposto il rinvio anche del Campionato Europeo di softball maschile al 28 settembre - 3 ottobre in Repubblica Ceca.
Sarà posticipata, ma ancora a data da destinarsi, anche la prima edizione dell'Europeo U15, erede della categoria U16, che vedrà impegnata l'Italia e si sarebbe dovuta tenere a Enschede, Olanda nel mese di luglio. Si tratta dell'unica competizione soggetta a rinvio che era inizialmente programmata dopo il 30 giugno.
Il 15 giugno sarà l'ultima data disponibile per confermare la disputa di queste competizioni, che qualificano per i rispettivi Campionati del Mondo del 2021.
Tutte le altre competizioni organizzate dalla ESF, ad eccezione della European Masters Cup di Saint Boi a fine ottobre, sono state cancellate, comprese tutte le Coppe per Club. (ANSA).

Sgnaolin: «Sì, volevo smettere ma continuo per Jairo Ramos»

Il capitano del Jolly Roger ha cambiato idea dopo l’arrivo del manager. Il dg Chimenti: «Abbiamo messo in piedi un organico che può far divertire»  

 Grosseto 7 marzo 2020 - A margine della presentazione del campionato per il Jolly Roger Grosseto, interessanti sono state le considerazioni del capitano dei biancorossi Andrea Sgnaolin, che in questo inverno aveva pensato di appendere spikes e mazza e guantone al fatidico chiodo.
«Non posso negarlo – ha chiosato Sgnaolin – l’arrivo di Jairo Ramos è stato decisivo per me. È vero che ho riflettuto molto e credevo davvero che fosse arrivata l’ora di smettere: è stato un inverno tribolato, come non mi era mai capitato in 23 anni di carriera. Ma per la società e con i nuovi stimoli che ha portato Jairo ho deciso di continuare a giocare. Si è vero, posso confermare che l’arrivo del nuovo manager ha influito molto sulla mia decisione finale». Sgnaolin, originario di Viterbo, ormai ha i colori biancorossi tatuati sul corpo, e oltre a ringraziare quanto fatto insieme a 
Stefano Cappuccini lo scorso anno, crede fortemente che questa stagione debba portare un ulteriore entusiasmo nel dougout maremmano: «Abbiamo iniziato a lavorare da qualche settimana e ho visto subito tanta voglia di fare – dice il capitano – soprattutto nei giovani. Credo che serva subito l’approccio giusto, e proprio la scorsa stagione ci deve servire come base di partenza. Non posso che ribadire la fiducia in questo gruppo e fare un plauso alla società tutta, per gli sforzi che sta facendo in questi momenti comunque difficili per tutti. Ora sta a noi dimostrare che possiamo fare un buon campionato»Parole importanti sono state spese anche dal team manager Filippo Olivelli: «Dopo che Stefano Cappuccini ci ha comunicato la sua decisione di andare ad allenare il Bsc – ha detto Olivelli – ho impiegato due minuti per convincere Ramos a prendere in mano la nostra squadra. Non dimentichiamo che Jairo con la maglia del Jolly Roger ha giocato gli ultimi cinque mesi della sua carriera da giocatore».
Lo stesso direttore generale Sandro Chimenti ha poi aggiunto: «A Grosseto c’è voglia di baseball e crediamo di aver messo in piedi un organico che può far divertire. Voglio partire da una considerazione – ha sottolineato il dg – per esempio l’organizzazione dell’Europeo under 18 del 2018 ha avuto più spettatori delle qualificazioni olimpiche di Parma e Bologna. Per questo campionato abbiamo molti cambiamenti soprattutto sul monte di lancio, con il ritorno di Junior Oberto e gli arrivi di Federico Bulfone e Filippo Piccini. Abbiamo messo nel roster un talento come Lorenzo D’Auria, che può essere schierato sia all’interno che all’esterno. Basterà aspettare giovedì 12 per vedere all’opera la squadra contro il Regensburg, che sta effettuando il ritiro al Casa Mora di Castiglione della Pescaia per capire a che punto siamo». Il campionato inizierà con due settimane di ritardo: la Fibs infatti ha fatto slittare l’opening day e rimane da capire se sarà confermato il debutto per il Jolly Roger contro i Lancers Lastra a Signa o se si ripartirà direttamente dalla terza giornata. I grossetani sono inseriti nel girone D con i Lancers Lastra a Signa, Red Sox Paternò, Nettuno Bc 1945 e WiPlanet Montefiascone. Enrico Giovannelli   -  IL TIRRENO

 

Astros Porcia, è l’anno della svolta. Nel 2020 avrà pure un team di C1

4 Gennaio 2020

 

Un anno intenso, proficuo, nel quale sono state poste le basi per strutturare in maniera ancora più solida un progetto che nasce dall’amore verso il baseball. Gli Astros Porcia sono stati costituiti il 29 gennaio 2019 da Marcello Zappia, ex giocatore di Serie A1, grazie all’aiuto dei suoi fratelli, Massimiliano – a sua volta con un passato nella massima serie – ed Enzo, che vive a Houston e ha messo in contatto Marcello con alcuni college. Il 2020 sarà l’anno del lancio definitivo: la società ha stretto un accordo con Ronchi dei Legionari (club di A2), dove disputerà le partite casalinghe dei campionati di C1 e under 15. L’under 12, invece, giocherà ad Azzano Decimo grazie alla collaborazione con la locale squadra di softball. Marcello Zappia, originario della provincia di Lecce, vive a Porcia da alcuni anni: ha deciso di dare forma al suo sogno dove ha messo radici, con la speranza che il Comune realizzi un impianto in cui i suoi 60 ragazzi, 15 dei quali americani, possano allenarsi e giocare. Per il momento, la preparazione viene svolta nella palestra Sporting, ma le possibilità di avere un campo sono buone. «Ringrazio l’amministrazione comunale per quello che ha fatto e sta facendo per favorire la nostra attività», dice Zappia.
Fondamentale, oggi, la sinergia con Ronchi. È stata la società goriziana a chiedere agli Astros di collaborare. Merito dei brillanti risultati ottenuti nel 2019 dai biancoblù: l’under 12 si è classificata al settimo posto nella Coppa Fvg, l’under 15, guidata da Marcello Zappia, si è fermata agli ottavi di finale della poule scudetto. Grazie alla collaborazione con Ronchi, quest’anno Porcia da aprile parteciperà alla C1. Il primo impegno vedrà protagonista l’under 12: il 19 gennaio, 2 e 16 febbraio a Cervignano si disputerà la fase del Triveneto della Winter cup. La vincitrice andrà alle finali nazionali. — (Massimo Pighin MESSAGGERO VENETO)

Festa alla Campagnuzza per i 50 anni del baseball

 

Stefano Bizzi – Gorizia 12 ottobre 2019. Il Cab Gorizia celebra i 50 anni di attività e lo fa domani con una rimpatriata. Giocatori di ieri e di oggi sono tutti invitati allo stadio "Fabretto" di Campagnuzza per scendere in campo alle 10.30. Quella che inizierà alle 9.30 sarà una mattinata all'insegna dei ricordi. La società venne fondata nel 1969 da Mario Borghes con l'appoggio dell'allora presidente dei Black Panthers di Ronchi dei Legionari e dell'allora presidente della Fibs regionale, ma non rappresentò la prima espressione del baseball in città. A introdurre il "batti e corri" a Gorizia erano stati i soldati americani nel 1945. Solo 20 anni più tardi, però, il baseball si riaffacciò nel capoluogo isontino e l'attività cominciò grazie all'impegno degli insegnanti di educazione fisica Aldo Rosa e Tullio Sellan, su impulso del professor Armando Filiput. L'esperimento però durò poco. Dopo tre anni di alterne vicende, tra mille difficoltà, le forze atletiche si dispersero.A cogliere il testimone fu allora Mario Borghes che, nonostante gli scarsi mezzi, riprese l'attività partendo da un nucleo di otto ragazzi e una ragazza. Dal momento che stava in via dei Leoni, la piccola squadra fu chiamata "Blue Lions", ma il 1969 era l'anno dei Giochi della Gioventù e la Federazione in un progetto più ampio di divulgazione della specialità, aveva concesso un adeguato numero di guantoni per iniziare l'attività federale. «Avevo un'accozzaglia di gente e alla fine riuscimmo a fare quattro squadre - ricorda Borghes -. C'erano i Blue Lions, i Tigers, gli Spitfires e i Pathers. Alla fine per non privilegiare un nome rispetto a un altro creammo il Cab, il Centro addestramento baseball».Il primo terreno di gioco su cui si disputò il campionato fu lo spazio dove ora sorge l'ospedale di via Fatebenefratelli, ma l'attività agonistica federale si svolgeva sui campi di calcio e il Cab dovette vagabondare da Piedimonte a Straccis, dal "Baiamonti" alla Campagnuzza. Finalmente, in concomitanza all'esordio in serie D, riuscì ad ottenere un'area alle Casermette dove, per tre anni, si svolsero allenamenti e partite, finché giunse il divieto di usufruire del terreno, perché destinato ad altre attività.Un'altra area fu quindi trovata alla Madonnina, ma lì, poi, l'Ugg decise di costruire il palazzetto dello sport e ci fu l'ennesima migrazione. Nel 1979 il Comune, in accordo con le Aziende Municipalizzate, concesse quindi sullo stradone della Mainizza un appezzamento di terreno nell'area dell'acquedotto. Il campo è stato utilizzato fino a due anni fa quando Irisacqua ha chiuso l'accesso. Nonostante le mille difficoltà, in questo mezzo secolo, anche grazie al sostegno della Fondazione Carigo, il baseball goriziano non si è mai fermato e ancora oggi l'attività prosegue e lo fa sempre per merito di Mario Borghes, capace di trasmettere la sua passione alla famiglia. Nonostante i 50 anni di storia, ancor oggi il Cab rimane una società di pionieri. Pionieri senza una casa che per questa importante occasione si ritroveranno al Fabretto. «Anche solo un passaggio per un saluto ci farà piacere», assicurano dal Cab, invitando chi volesse aderire alla partita a contattare i numeri 3408319988, 3920650640. -- BY NC ND ALCUNI DIRITTI RISERVATI

Fonte: GAZZETTA DI PARMA

 

Opening game: Parma Clima - Godo

 

18 aprile 2019

Fino all'ultimo secondo i supporter del Parma Clima non sapranno con quale formazione Guido Poma darà il benvenuto al campionato 2019: Erly Casanova e Rafael Vinales giungeranno a Parma soltanto questo pomeriggio e, nonostante l'impegno dei dirigenti del Parma baseball, al momento non è dato sapere se le pratiche burocratiche relative al ritiro del “kit” per il permesso di soggiorno al quale far seguire il tesseramento (da formalizzare almeno 24 ore prima dell'inizio della partita) saranno completate in tempo utile.

Davvero una piccola telenovela quella relativa ai due giocatori, legata agli ancora complessi meccanismi per l'uscita degli atleti dall'isola caraibica: gli eccellenti rapporti della dirigenza parmigiana con i vertici dello sport cubano hanno portato soltanto nei giorni scorsi alla definizione di un accordo superficialmente dato come scontato da più parti ma difficile da realizzare in tempi brevi.

In ogni caso lo staff tecnico parmigiano non si farà trovare impreparato. La prima palla del match di domani (stadio Cavalli ore 20.00, arbitri i lombardi Radice, Grassi e Baldayac) sarà comunque affidata al convincente Owen Ozanich delle recenti amichevoli mentre il ricevitore di Curacao Reangelo Beaumont è pronto per accovacciarsi nel catcher box.

Il modesto problema muscolare accusato nei giorni scorsi da Zileri costringerà il capitano del Parma Clima a vestire i panni del battitore designato lasciando la difesa del campo esterno a Desimoni, Poma e Koutsoyanopulos. Con tutta probabilità la linea degli interni sarà invece formata da Sambucci (prima base), Paolini (seconda base), Mirabal (interbase) e Mercuri (terza base).

Dall'altra parte il Godo di Marco Bortolotti affiderà inizialmente il monte di lancio al cubano Jorge Hernandez, reduce dall'incoraggiante prova contro il San Marino della scorsa settimana nell'ambito del torneo Blue F Ball di Bologna..

Domani sera la serie si sposterà in Romagna (playball ore 20.30) per la disputa della gara riservata ai lanciatori di formazione italiana. Nel Parma Clima il lanciatore partente sarà con tutta probabilità il giovane Mattia Aldegheri con Rivera e Oberto nel bullpen mentre il Godo si affiderà inizialmente ai lanci del veterano Galeotti con l'ex Rimini Di Raffaele, Ciarla e Piumatti pronti a salire in pedana in caso di necessità.

 

Nell'ambito delle opere di adeguamento agli standard richiesti dalla World Baseball and Softball Confederation per il prossimo girone di qualificazione ai Giochi Olimpici di Tokyo, il Parma baseball comunica che a partire da questa sera e per tutta la stagione cambieranno i criteri di accesso allo stadio Cavalli con il ripristino della biglietteria all'ingresso del Centro intitolato ad Aldo Notari. L'unico punto di accesso sarà quello dell'ingresso principale del parcheggio tra il Palazzetto dello Sport e il Centro commerciale Panorama. Presso la biglietteria sarà possibile anche ritirare gli accrediti di accesso per autorità e stampa. 

9 marzo 2018 di Alessia Pittoni

Se Buttrio è diventata una delle “capitali” friulane del baseball il merito è di Daniele, Attilio, Antonino e Claudio, quattro amici sedicenni che, nell’estate del 1967, complice il cugino bolognese di Antonino che l’anno prima era salito a trovare i parenti armato di mazza e pallina, iniziarono ad appassionarsi a questa disciplina arrivata in Italia poco più di vent’anni prima con i soldati americani. Anche grazie all’interessamento di Enzo Civelli, allora presidente della federazione, si arrivò alla firma dell’atto costitutivo del Buttrio baseball club.

       Da quella sera del 12 gennaio 1968 sono passati cinquant’anni, mezzo secolo nel quale la società buttriese ha saputo salire alla ribalta a livello nazionale, creare un settore giovanile fiorente e rappresentare, per molto tempo, uno dei fiori all’occhiello della comunità, centro di aggregazione di ragazzi e ragazze. Il 2018 sarà dunque per i White Sox (il nome cambiò nel 1994, quando la società chiuse un capitolo per ripartire con nuovi progetti) un anno entusiasmante e impegnativo, costellato di eventi e iniziative. Dei quattro fondatori Antonino Bozzi, Claudio Durì, Daniele Peruzzi e Attilio Pisani, è quest’ultimo a ripercorrere le tappe della storia del sodalizio. Prima giocatore poi arbitro, allenatore e dirigente, Attilio ancora oggi si occupa di far avvicinare al baseball i bambini delle scuole.

       «Quando abbiamo iniziato – racconta – non avevamo nulla se non una mazza e alcune palline da tennis. Ma le nostre intenzioni erano serie e Civelli ci seppe spronare e consigliare per far avverare il nostro progetto. Ma serviva l’attrezzatura e per questo, assieme al gruppo di ragazzi che avevamo coinvolto, passammo l’estate del ’67 a vendemmiare nella Tenuta Sottomonte del Conte d’Attimis. Si può ben dire che tutto iniziò da quelle prime ottantamila lire».

       Nonostante qualche iniziale dissenso interno al paese, la Bbc riuscì a crescere, nei numeri e nei risultati, conquistando la serie C nel 1971, avviando il settore giovanile e fondando, l’anno successivo, la squadra di softball. «Le ragazze venivano alle nostre partite – prosegue Attilio – e noi andavamo a vedere le loro. Ci ritrovavamo tutti assieme dopo gli incontri e, per tante ragazze, in quegli anni, era quello l’unico modo per uscire di casa. Erano altri tempi: andavamo in trasferta a Opicina in treno e poi con il tram fino al campo. Al ritorno, optavamo spesso per l’autostop».
Il primo risultato eclatante fu la promozione in A2 nel 1975. «Dei 22 giocatori di quella squadra – spiega l’attuale presidente Maurizio Rizzi, in sella dal 1996 – ben 18 erano di Buttrio. Negli anni la percentuale è andata diminuendo principalmente a causa dei cambiamenti a livello sociale e dell’incremento delle offerte sul territorio».

       Storici anche gli anni a cavallo del millennio, con la promozione in A2 nel 1999, l’A1 vicinissima nel 2000 e la nuova promozione in A2 nel 2008. Sul diamante di Buttrio sono passati atleti di livello internazionale, come il romano Rolando Cretis, e altri si sono formati alla Bbc, fra cui Luigi Tomasella, che ha calcato i diamanti di serie A e Alessio Miani e Matteo Buiatti, vincitori in azzurro del titolo europeo giovanile. La sfida dei White Sox, ora, è rivolta ai più piccoli, per dare linfa al settore giovanile e alla prima squadra, che inizierà ad aprile il campionato di serie B.

 

22 dicembre 2017

 

GROSSETO. «È un’occasione irrinunciabile, da prendere al volo. Servirà un cambio di mentalità, ma io partirei sparato, senza pensarci ulteriormente e chiederei di essere ammesso alla serie A1».
Beppe Massellucci, il più grande battitore della storia del baseball grossetano (153 fuoricampo con la maglia del Bbc) dice la sua sulla opportunità o meno di presentare domanda di ripescaggio al massimo campionato di baseball. Il consiglio federale, nella seduta di mercoledì, ha dato tempo alle società interessate fino alla mezzanotte del 31 dicembre per pensarci. Dal 2 gennaio si vedrà chi ha deciso di affiancare le sette formazioni che si sono iscritte lo scorso 15 dicembre.
Il JR Grosseto, semifinalista del campionato di serie A federale (tornato a chiamarsi A2), ha rinunciato a presentare l’iscrizione motivando la decisione con la mancanza dei tempi necessari per mettere in piedi un’organizzazione societaria e per trovare le risorse necessarie per il nuovo torneo, che da un punto di vista logistico ha poche differenze con la seconda divisione, visto che le altre società permetteranno alle “neopromosse” di effettuare le partite in un solo giorno, permettendo così di non effettuare pernottamenti in trasferta.
Il direttore generale Sandro Chimenti ha adesso l’ultima chiamata: altri dieci giorni per rinforzare la società, per prendere contatti con aziende interessate a legare il loro marchio, per provare a riportare Grosseto sul massimo palcoscenico, a distanza di cinque anni dalla disastrosa partecipazione del Mastiff di Danilo Biagioli e a 7 dalla uscita di scena del Montepaschi Bbc.
«A mio parere – aggiunge Massellucci – vale la pena provare. Senza una prima squadra ai massimi livelli è difficile rilanciare il baseball. Il problema maggiore, ripeto, è il cambio di mentalità, perché a livello di soldi l’investimento è lo stesso della serie A2: basta rimanere con i piedi per terra e acquistare giocatori di grosseto o gente che crede nel progetto, in attesa di inserire i giovani che stanno crescendo nel vivaio. Capisco che è difficile passare dalla botteghino al centro commerciale, per questo serve una società forte, che abbia al suo interno lo spirito della grossetanità».
«La prima mossa che farei – prosegue Massellucci, che è stato allenatore del Bbc e della nazionale italiana, oltre che fondatore del Bsc – è ridare alla società il marchio Bbc, un biglietto da visita che può cambiare da solo l’inerzia delle cose. Il baseball è lo sport più amato dai grossetani, ma il cuore dei tifosi batte solo per il Bbc: come quello degli appassionati di calcio battere per l’Unione sportiva. Con quel logo sulla maglia si aprirà ogni porta».
La bandiera Massellucci vede un’eventuale ripescaggio in serie A1 una mossa fondamentale per la crescita del settore giovanile: «Dobbiamo dare un sogno, un obiettivo a tutti quei ragazzini che sfidano sole e pioggia sul diamante. La serie A1 deve essere un traguardo da raggiungere con la massima unità d’intenti. Se si decide di fare questo passo il Grosseto deve essere il punto d’arrivo per i giovani tesserati con Ymca, Bsc o Junior, in modo da creare una scuola grossetana come era in passato. Solo così si potranno rivedere in campo i Massellucci, i Luongo, i Verni e i Cappuccini di un tempo». (r.g.)

 

“La mia storia con il softball nasce ancora prima di me, quando mio nonno fondò la società Cali Roma nel 1972. Sia lui che mia nonna giocarono rispettivamente a baseball e a softball per poi allenare mio papà e di conseguenza mia mamma, che si innamorò di lui tanto quanto di questo sport”, racconta, fiera, Priscilla Brandi.

Marta Gasparotto invece ricorda un evento di dieci anni fa: “Durante le qualificazioni olimpiche tenutesi a Ronchi dei Legionari nel 2007 ho avuto la possibilità di conoscere, da undicenne, l’allora capitana e interbase di ruolo (come me) della Nazionale Italiana. Nel corso della presentazione il mio allenatore di allora, lo stesso che mi aveva avvicinata al baseball e che aveva allenato anche lei nelle giovanili, scherzando le disse che nel futuro le avrei potuto “portare via” il posto in Nazionale, e questa specie di profezia sembra essersi avverata per ora”.

Priscilla Brandi di Roma e Marta Gasparotto di Gorizia sono due atlete accomunate da una profonda e radicata passione per il softball. Nonostante siano partite da due regioni tanto lontane, hanno avuto un percorso simile segnato da uno sfrenato amore per questo sport che ha portato entrambe a fare sacrifici importanti, ma sempre con il sorriso di chi sa cosa vuole.

 

Priscilla ha cominciato da bimba giocando con i maschietti, fino a trovare un numero di compagne sufficienti per fare un campionato femminile. Nel 2008 la prima grande svolta della sua carriera sportiva, quando viene selezionata dall’allenatrice della nazionale per il progetto Accademia del Baseball e Softball a Tirrenia, dove ha vissuto concludendo gli ultimi 3 anni di scuola superiore e allenandosi ogni giorno con lo staff della nazionale. “Non nego che è stato un periodo duro da affrontare – ammette –  ma lo rifarei altre mille volte! Mi ha permesso di crescere sia come atleta che come persona”.

Anche Marta ha cominciato da piccola e dopo aver giocato in tutte le categorie giovanili è approdata in serie A. Nel 2016 ha ottenuto una borsa di studio per frequentare negli Usa il Chipola College di Marianna (Florida), dove ha giocato nel campionato NJCAA raggiungendo le finali nazionali. Rientrata in Italia, nel 2017 ha giocato con la squadra del Bussolengo (VR), conquistando le semifinali nazionali e soprattutto la vittoria nella Premiere Cup Europea (Coppa dei Campioni) ad Haarlem in Olanda.

Entrambe sono approdate in nazionale e ora si preparano alle Olimpiadi perché come racconta Priscilla “è una gioia indescrivibile perché se sei un’atleta è questo il tuo obiettivo, l’Olimpiade è il massimo a cui un’atleta può aspirare. Nel mio sport non è una cosa scontata, infatti Pechino 2008 è stata l’ultima occasione che abbiamo avuto per partecipare poiché dopo il Baseball/Softball è stato tolto come disciplina olimpica”. Il reinserimento nel programma olimpico del 2020 ha quindi ridato loro la possibilità di “inseguire il sogno e ci ha dato la carica che ci servirà per affrontare i prossimi 3 anni con la giusta determinazione”. Anche Marta è felice di questa nuova grande sfida anche se significa nuovi sacrifici: due, tre sedute settimanali in palestra, due in piscina e allenamenti giornalieri di battuta in previsione delle qualificazioni alle Olimpiadi di Tokyo del 2020.

Per essere pronti a tifare per queste ragazze alle olimpiadi, forse conviene provare a conoscere meglio il softball. Si tratta di uno sport di squadra molto diverso dagli altri perché  contraddistinto da due fasi distinte. “Durante la prima l’atleta affronta completamente da solo l’intera squadra, nel momento della battuta contro nove avversari”, spiega Giuseppe Guilizzoni, fondatore nel 1967 del Baseball Novara, campione d’Europa come allenatore della Nazionale italiana e quinto a un Mondiale).

“Negli altri sport di squadra – continua l’allenatore e atleta – ci sono invece alcuni giocatori di riferimento che per loro qualità individuali sono quelli che finalizzano il gioco: quelli che segnano i gol nel calcio, quelli che segnano i canestri nella pallacanestro, quelli che sono abili a schiacciare nella pallavolo. Gli altri compagni hanno responsabilità meno evidenti, sviluppando sì il concetto di squadra ma lavorando in funzione dei pochi che sanno segnare gol, infilare i canestri o schiacciare a rete . Nel Baseball invece quando sei a battere non puoi delegare ad altri la responsabilità di battere ma devi farlo tu: solo contro tutti” .

Durante la seconda fase, invece, le squadre si invertono e i nove giocatori in difesa devono collaborare per evitare che la squadra avversaria segni punti in battuta. “Queste due fasi – precisa Giuseppe Guilizzoni – rappresentano di fatto quello che il giovane, o la giovane, dovrà poi affrontare nella vita. Ci saranno momenti dove si troverà da solo ad affrontare un sistema e non potrà delegare ad altri la responsabilità di fare qualcosa. Ma questo lo dovrà fare senza dimenticare che vive in un gruppo, in una società, dove si troverà a dover collaborare con altri per arrivare al risultato positivo”.

Marta e Priscilla sono l’esempio vivente della determinazione per raggiungere un obiettivo ora condiviso in nazionale. Per loro il softball è una vera passione che come tutti gli sport trasmette attraverso delle regole pratiche valori chiave per la propria vita, come quello del sacrificio. “Un chiaro esempio – racconta Priscilla – è l’esecuzione del cosiddetto ‘bunt di sacrificio’, ovvero una battuta corta il cui scopo è quello di far avanzare sulle basi i propri compagni di squadra, anche a costo della propria eliminazione”.

Non so a voi, ma io non vedo l’ora che arrivi Tokyo 2020 per vederle all’opera.

scritto da il 16 Dicembre 2017

Venerdì 3 novembre 2017

Uno di meno, uno di più. Un club di Major League in meno nella classifica di quelli che non hanno mai vinto un titolo nel baseball americano, uno in più nella colonna dei vincenti.

Houston Astros campioni 2017, dopo la vittoria in gara 7 al Dodger Stadium, in una partita strana come tutte le altre della serie: meno fuoricampo o punteggi alti (domenica gara 5 era finita 13-12) ma lanciatori partenti, e prestigiosi, che non sono riusciti ad arrivare alla fine del 3° inning, per avere concesso troppi punti o avere colpito troppi battitori. Tutto pieno a Los Angeles, in uno degli scenari più suggestivi del baseball, e tutto pieno anche a Houston, al Minute Maid Park, lo stadio di casa, per vedere la partita sullo schermo gigante. Con il successo degli Astros restano solo in sette a non aver vinto una World Series, e due (Seattle e Washington, ex Montréal), a non averla mai nemmeno giocata, e si tratta dunque dell'ennesimo trionfo del sistema sportivo professionistico americano, che basa la sua forza sulla possibilità concreta per ogni squadra di vincere il campionato, se gestita bene.

Negli ultimi cinque anni almeno una squadra per ciascuna delle quattro grandi leghe è arrivata al titolo per la prima volta: i Los Angeles Kings nell'hockey, i Seattle Seahawks nel football, i Cleveland Cavs nel basket e ora gli Astros. La differenza spaventosa con sistemi sportivi come quelli europei è palese e rivela ancora una volta l'ipocrisia di chi gestisce questi ultimi: nel triennio 2011-13 Houston ha perso in media 108 partite a stagione (su 162) e sembrava aver toccato il fondo (con il soprannome ironico di Last-ros, da last che vuole dire ultimi), ma la nuova dirigenza ha avviato un programma così gravido di buon senso e programmazione da ribaltare tutto nell'arco di sei anni. Quello che nel calcio europeo (o in Formula Uno, dove i big resistono al tentativo di creare maggiore uguaglianza competitiva come vorrebbero i nuovi padroni americani) non è permesso alle piccole, perennemente soffocate da chi dice di ispirarsi a principi americani sapendo benissimo che la loro applicazione porterebbe in realtà alla perdita dei privilegi e a campionati vinti - con le dovute proporzioni - dalle Real Sociedad, dai Werder Brema e simili, lasciando perdere l'esempio Leicester che è appunto irripetibile.

E il tutto lo ha ottenuto, Houston, in una lega come la Mlb che non ha il salary cap: i Los Angeles Dodgers, sconfitti nella World Series, hanno pagato quest'anno 144 milioni di dollari di stipendi contro i 98 dei loro rivali ma questo non è bastato. A capire prima di tutti che gli Astros lavoravano sul serio è stato Ben Reiter, giornalista del settimanale Sports Illustrated, che nel giugno del 2014 ha pubblicato un lungo e dettagliato articolo nel quale spiegava come Houston avrebbe vinto il titolo Mlb del 2017 e come l'esterno George Springer, all'epoca 24enne, sarebbe stato premiato come miglior giocatore. Tutto azzeccato e quasi spaventoso, perché anche i migliori lavori di ricostruzione sui giovani possono trovare ostacoli naturali, per non parlare di altro: da circa un anno, e fino al 2020, è in carcere per spionaggio Chris Correa, dirigente dei St.Louis Cardinals, condannato per essersi intrufolato nel sistema informatico degli Astros grazie a una password rubata a Jeff Luhnow, suo ex collega passato a Houston, e avere sottratto informazioni dettagliate su alcuni giocatori. Correa aveva capito tutto: solo violando la legge si poteva fermare l'ascesa di questi Astros. (Roberto Gotta)

 

14 ottobre 2017

 

Parla anche friulano lo scudetto conquistato nei giorni scorsi dallo Junior Alpina Fastpitch, la squadra di softball maschile che riunisce sotto i colori della società giuliana atleti provenienti da tutta la regione e dal Friuli in particolare. Metà del team che ha vinto il tricolore, infatti, è friulano e ha bissato il successo ottenuto, tre anni fa, dal Team Enjoy Fvg. L’atto finale della stagione è andato in scena sul diamante di Montegranaro, in provincia di Fermo, e ha visto protagoniste le due società che da anni, con le loro sfide, rendono lustro a una disciplina che sta ancora muovendo i primi passi in Italia: la Pro Roma, rinnovata nel roster e con numerosi giovani di talento, e lo Junior Alpina, capace di mettere a segno sei vittorie su sette incontri giocati lungo il percorso di questa stagione. La gara uno della finale, al meglio delle tre, ha visto trionfare la squadra made in Fvg, che si è imposta per sette a zero al quinto inning per manifesta superiorità con un’ottima prestazione sul monte del pitcher Diego Drigani assieme a Matteo Sossi, Carlos Guevara e Nicola Bellotto. Molto più combattuta la seconda partita con i romani subito avanti ma ripresi con Sossi, autore di un triplo. La svolta del match è arrivata nel quinto inning, con il turno di Garin che, a basi piene, ha battuto un inside-the-park home run portando la gara sul 5-1. Pronta la risposta romana con tre punti di Rodà, Mariani e Di Mattia ma il team guidato dal manager Pizzolini e dal coach Longagnani si è rifatto avanti con Drigani nella veste di closer, capace di sfruttare al meglio le ultime energie e la difesa blindata capitanata da Stefano Ocera. Marcano, Garin, Guevara e Drigani hanno messo a segno altri sette punti nel settimo inning fermando così il risultato sul 10-4. Un’esplosione di gioia e lancio di guantoni al terzo out su assistenza di Izzo, che ha regalato così l’emozione più grande ai ragazzi di Pizzolini e Longagnani, saliti sul tetto d’Italia. L’auspicio è che il successo dello Junior crei curiosità rispetto a una disciplina che, contrariamente a quanto si pensa, non è prettamente femminile. Chi vorrà vedere all’opera il meglio del softball maschile a livello internazionale lo potrà fare a Staranzano e Ronchi dei Legionari, oggi e domani, in occasione del terzo Open Italiano che metterà di fronte Junir Alpina, Pro Romana, Rangers Redipuglia, i cechi dello Slavia, i croati del Zagreb Giants e i francesi del Cobras de Contes.  (Alessia Pittoni)

 

De Boni dice stop, una vita sul diamante 

 

Verona, 10 ottobre 2017

Flavio De Boni ha deciso, finalmente a oltre 70 anni di età, di attaccare il suo guantone al chiodo. Il decano del baseball veronese è stato festeggiato sabato scorso alla grande al Gavagnin, con una gara che vedeva sul diamante sfidarsi la Tecnovap Verona, che gioca in Serie A, e i Dynos Verona, protagonisti della Serie B. Il bello della festa, però, è arrivato alla fine della gara, quando sul monte c’era proprio De Boni. Dall’angolo più lontano del campo si sono materializzati tutti i compagni di squadra della Flower Glowes di De Boni, che nel 1992 hanno sfidato Parma nella finale scudetto. Non era “L’uomo dei sogni”, di Kevin Costner, ma ci siamo andati molto vicino. E la commozione ha letteralmente preso De Boni, che non si aspettava una sorpresa del genere, tanto che le sue sono state lacrime di vera commozione. «Non mi aspettavo di certo una cosa del genere» ha detto Flavio De Boni, «è stato fantastico». Il suo numero, il 34 come quello del mitico Nolan Ryan dei Texas Rangers, non lo indosserà più nessuno a Verona. E un grande numero 34 con il nome De Boni rimarrà sulla recinzione del Gavagnin a ricordare uno dei grandissimi esponenti del baseball di casa nostra. Flavio, era ora? «Direi di sì, dai. A 70 anni suonati sono finalmente arrivato ad appendere il guantone al chiodo. Ma solo perché il fisico ha iniziato a ricordarmi che l’età e il tempo vanno rispettati. Fosse per me ricomincerei domani mattina». Un ragazzo di Verona negli Anni Sessanta inizia a giocare a baseball «Avevo 19 anni. Prima ero un discreto lanciatore di giavellotto. Poi, Borgo Trento di colpo si riempie di auto americane, visto che molti militari erano di stanza alla Passalacqua, a Lazise e in altre località della nostra provincia. È stato naturale mettermi sul monte e iniziare a lanciare». Il numero 34 di Nolan Ryan, perché? «Dobbiamo tener conto che all’epoca non c’era Internet, c’erano i libri, e le notizie dei professionisti americani arrivavano con il contagocce. Negli anni Settanta mi sono comperato una tv multisystem che riceveva il segnale dalla base Nato di Vicenza: da quel momento in poi ho potuto seguire Nolan Ryan e quindi tutto il baseball che volevo. Ryan è stato uno dei più grandi lanciatori di tutti i tempi della Major League Baseball. Tanto che ancora adesso ha il record di 7 partite ‘no hit’, vale a dire senza subire un punto. Da lì è iniziata la mia ammirazione per Ryan». Giocare a baseball a Verona non era semplice. «Ci animava, come ancora adesso, una passione e una dedizione illimitate e sconfinate. E non avevamo nessuno che ci insegnava a lanciare, a battere e eseguire i giochi sulle basi. Quindi quello che abbiamo fatto in quegli anni era semplice e pura passione e tutti eravamo autodidatti, passando intere giornate sul diamante. Ho sempre giocato a Verona e in tutti questi anni non sono mai mancato ad un allenamento, ad una gara, ad un campionato». Poi è arrivato quel 1992, quando per la finale scudetto la Flower Gloves sfida il gigante Parma. «Sicuramente è stata la squadra di baseball che Verona abbia mai avuto. Oltre a giocare a baseball si è instaurata una amicizia che va avanti da anni». Per un paio di anni Flavio De Boni ha fatto anche il manager. «Ma non è il mio mestiere. Forse non ho il carattere», ride ancora. Il baseball, in definitiva è «disciplina e scuola di vita». Flavio saluta.  L.S.

 

25 settembre 2017

Lo sport Usa contro la Casa Bianca. Dilaga, infatti, la protesta delle star contro Donald Trump che ha chiesto alla Nfl, la lega professionistica del football americano, di licenziare i giocatori che si rifiutano di cantare l'inno nazionale.

 

E oggi il presidente Usa è tornato alla carica, polemizzando contro i campioni ribelli. "Se i tifosi della NFL rifiuteranno di andare alle partite fino a quando i giocatori non smetteranno di non rispettare la nostra bandiera e il nostro Paese, si vedranno presto i cambiamenti. Licenziamento o sospensione!"

 

La prima partita di football, dopo le dichiarazioni di fuoco del presidente americano, regala un'altra immagine da forte significato simbolico. Tutti i campioni dei Jacksonville Jaguars e dei Baltimore Ravens si sono inginocchiati in segno di protesta. In piedi gli allenatori e i proprietari dei due team con le mani sulle spalle dei loro giocatori in segno di solidarietà. Tantissimi altri dello staff delle due squadre hanno seguito l'esempio dei loro campioni in un clima surreale.

USA: anticipo football tutti i giocatori in ginocchio (ANSA/AP)
USA: anticipo football tutti i giocatori in ginocchio (ANSA/AP)

La sfida è arrivata anche dal baseball, lo sport più popolare in America. Compatto appoggia Bruce Maxwell, giocatore afroamericano degli Oakland Athletics diventato sabato sera il primo della Mlb (la lega professionistica del baseball americano) a inginocchiarsi durante l'esecuzione dell'inno nazionale. Ripetendo così il gesto oramai simbolico in segno di protesta contro la violenza della polizia sui neri. "Il razzismo nel sud degli Stati Uniti e' ancora disgustoso", ha denunciato Maxwell. Accanto a lui il compagno di squadra Mark Canha, bianco, gli ha messo una mano sulla spalla in segno di solidarietà per quella battaglia iniziata un anno fa dalla star del football Colin Kaepernick. La Mlb, ha quindi rilasciato una dichiarazione in cui non attacca direttamente il presidente americano, ma in cui afferma di "rispettare e sostenere i diritti costituzionali e la libertà di espressione di tutti i suoi giocatori". Trump e' tornato a dire oggi che i giocatori che non cantano l'inno devono essere licenziati.

 

Rimini, 6 settembre 2017

Campione d’Italia. Rimini da ieri sera è per la tredicesima volta regina nello sport più blasonato e vittorioso nel contesto cittadino.

Sto parlando ovviamente del baseball che ieri sera ha chiuso la pratica San Marino, i neroarancio si sono imposti per la terza volta nel giro di cinque giorni vincendo meritatamente questo scudetto che non sembrava, ad un certo punto della stagione ,minimamente alla portata dei pirati, arrivati col fiatone alla conquista dell’ultimo posto disponibile nei play off.

 

Acqua passata, oggi si festeggia e ci si gode questo bellissimo trionfo cittadino.
Vedere una tribuna piena incitare e soffrire prima per poi sciogliersi nell’esultanza e nel festeggiamento è manna per chi, come me, dello sport cittadino e della riminesità in generale ha fatto quasi una ragione di vita.

 

Riminesità, ovvero quel qualcosa di particolare che ci portiamo dentro da queste parti e che ci fa sempre essere portatori di qualche distinguo.
Quelle particolarità che resta sempre nella mente di chi ci ha incrociato; nessuna delle squadre e soprattutto delle tifoserie che ci ha reso visita dimenticherà facilmente la torcida neroarancio ritmata dalle tanto discusse trombette. E solo a Rimini possiamo gustarci dagli spalti i profumi di una grigliata organizzata gestita e consumata di là dal campo, vicino al fiume, a partita in corso.

 

Seduti non distanti da me ho riconosciuto alcuni calciatori del Rimini FC che, mescolati tra i tifosi, seguivano e trepidavano come tutti i presenti.
Che sia lo stadio del calcio, del baseball o il palazzetto, lo spirito che richiama migliaia di riminesi è sempre lo stesso.

 

Ho applaudito senza mezzi termini la nascita della sinergia che ha portato ad una campagna abbonamenti dei Crabs Rimini incrociata alla campagna del Rimini FC.
L’unione fa la forza, sempre. Ed è per questo che mi rivolgo a Giorgio Grassi e a Luciano Capicchioni in merito al baseball.
Cercate Zangheri, patron storico del Rimini baseball, e fatelo partecipe di queste iniziative.

 

Il baseball deve diventare un pilastro di questo progetto in quanto storicamente radicato nel tessuto cittadino e, senza ombra di dubbio, sport più vincente che ci sia all’ombra dell’ arco di Augusto.

 

Oltretutto la stagione del baseball offre ai tifosi la copertura temporale estiva. Quando calcio e basket vanno in ferie, allo stadio del baseball si fanno gli abbonamenti e si comincia la stagione.
Se esiste veramente il sogno della polisportiva riminese,  il baseball non potrà non esserne parte; anzi, dovrà essere protagonista e in prima fila!

 

Chiudo sempre con un, mai come questa volta meritato,
Forza Rimini!

 

Emanuele Pironi

 

Treviso, 11 luglio 2017

 

Della serie “Non tutti sanno che”: a Treviso esiste una squadra di baseball molto particolare ed accattivante già dal nome: Soft and Furious, i conigli che giocano a baseball con le carote. La bella storia è iniziata un paio di mesi fa grazie ad un tecnico federale di questo sport, chiamato rispettosamente “il signor Giancarlo”, trevigiano, al quale, tornato da Roma al Villaggio Gescal a Fiera, è venuta la pensata di raggruppare un manipolo di ragazzini per creare squadra e società. Come nome è stato scelto quello che riecheggia il titolo di una serie di film di grande successo, Fast and Furious (il softball è la versione femminile del baseball), come simbolo dei simpatici coniglietti, come motto: “Credere in se stessi”. Ma poiché la finalità di un’iniziativa del genere è anche, anzi soprattutto sociale, erano importanti i valori sui quali basarsi: lealtà, educazione, curiosità, voglia di imparare, impegno assoluto, fratellanza, dedizione alla squadra. Qualcuno ha anche fatto paragoni con Ino Pizzolato e Natalino Cadamuro, che a San Giuseppe nel 1968 costituirono la Tarvisium, o con Giovan Battista Padoan, creatore ancora prima della Polisportiva Santa Bona. All’inizio erano in 6, oggi i bambini della Soft and Furious sono 22, tra i 9 e i 12 anni, di ambo i sessi e di tutte le nazionalità: italiani, kosovari, indiani, africani. I loro supporter sono principalmente i genitori dell’associazione Oltrefiera, ma sono destinati a crescere, è una bellissima iniziativa che merita ogni supporto. E giovedì scorso tutti quanti si sono organizzati per andare a giocare in trasferta la prima partita della loro vita, a Latisana, dopo appena 5 settimane di allenamenti. Hanno perso, ma naturalmente solo nel punteggio: fondamentale la valenza di aggregazione, socialità, amicizia che è la loro caratteristica. Gli allenamenti sono il martedì, il mercoledì e il venerdì al campo Gescal, dalle 17 alle 19; sono gratuiti, per ora, e la stagione del baseball è appena cominciata, dato che si tratta di uno sport che si pratica principalmente d’estate. Ad ogni allenamento, la comunità cresce e stringe legami. Le difficoltà sono tante, si è alla ricerca di strutture che permettano di giocare ed allenarsi e già tutta Treviso tifa per loro. Il tutto rientra nel piano Fare Comunità di LaEsse, che sta dedicando le sue energie ai quartieri di Selvana e Fiera. Il progetto intende radunare le forze attive che costituiscono il tessuto sociale di un quartiere, costruire dialogo, individuare percorsi condivisi e, infine, fare comunità. Prova ne sia che negli incontri di Fiera

e Selvana sono presenti anche le volontarie dello Spazio Donna, gli attivisti del Noi e dell’Azione Cattolica, gli scout Agesci, la Civiltà dell’Acqua, i genitori di OltreFiera, la Pulperia che organizza il Festival Anthropica e l’Istresco Treviso.

 

Silvano Focarelli

 

Roma,26 giugno 2017

 

"Vuoi essere una professionista. Devi mettercela tutta". Una donna nella Major League? E' Pitch, la nuova serie in arrivo su FOX (Sky 112) dal prossimo 4 luglio, in prima assoluta ogni martedì alle 21.00 utilizza anche lo sport come arma contro ogni tipo di pregiudizio.
Pitch, che ha già debuttato lo scorso anno negli Usa, insomma, aspira ad abbattere con coraggio e amore l'ultimo dei tabù con una storia che unisce sport e drama, nata dalla penna di Dan Fogelman (This Is Us) e Rick Singer (Younger). Le vicende vedono protagonista Ginny Baker (interpretata da una bellissima e statuaria Kylie Bunbury), una giovane sportiva i cui sogni si intrecciano con le speranze di un'intera generazione di donne. Va detto che dopo l'esordio dello show negli Stati Uniti, che hanno ricevuto ottime recensioni dalla critica, la serie non è stata in realtà rinnovata da parte del Network per ascolti ritenuti non all'altezza delle aspettative, nonostante l'apprezzamento di molti fan. Bella, forte e di talento, la lanciatrice Ginny Baker diventa improvvisamente famosa quando ottiene un ingaggio dai San Diego Padres e diventa la prima donna a giocare nel campionato professionistico di baseball. Oltre a rompere una delle convenzioni più forti e protette al mondo Ginny è anche una donna nera.
Come ogni matricola, Ginny deve dimostrare il proprio valore ai compagni di squadra, primo fra tutti il capitano, l'affascinante ricevitore e star del baseball Mike Lawson, con il quale condivide fin da subito una forte attrazione. Mentre i riflettori dei media si fanno incandescenti, Ginny affronta la difficile prova di scardinare uno dei più antichi ed esclusivi sistemi per soli uomini del Paese con l'aiuto del suo vecchio amico e collega Blip e della sua agente e confidente Amelia (Ali Larter). Ginny Ha un asso nella manica il suo lancio, la screwball.
Una storia di coraggio, forza e determinazione, che prova, con una metafora sportiva, a raccontare il mondo delle difficoltà, non solo di una giovane campionessa, ma di tutte le donne che, ogni giorno, combattono per riuscire a farsi rispettare.
Ginny, fortunatamente, non è sola. Mike Lawson (Mark-Paul Gosselaar), e Amelia Slater, la sua agente, saranno sempre al suo fianco ricordandole l'unica cosa davvero fondamentale per resistere: affrontare a testa alta questo importante capitolo della sua vita.
Al momento del suo debutto nella Major League, Ginny indossa (con orgoglio) il numero 43 sulla sua maglia. Un numero non casuale, ispirato al 42 reso celebre da Jackie Robinson, il primo giocatore afroamericano a debuttare nel massimo campionato di baseball. Sicuramente una delle fonti d'ispirazioni maggiori nella serie e di cui Ginny rappresenta una sorta di alter-ego femminile.

FRANK PANTOJA MANAGER CUBANO DEI RANGERS
FRANK PANTOJA MANAGER CUBANO DEI RANGERS

23  marzo 2017

REDIPUGLIA. Anche i Rangers Redipuglia, affidati ancora alle mani di Frank Pantoja, affilano le armi in vista dell'avvio, ad aprile, del campionato di serie B di baseball.Dopo il prestito di Alessandro Tonzar e Enrico Varin ai New Black Panthers di Ronchi dei Legionari, il presidente, Salvatore Sechi, si è mosso per costruire la squadra. Prima di tutto una grande conferma. Christian Girotto vestirà la casacca dei Rangers anche per la stagione 2017. Dopo un 2016 da assoluto protagonista, con un record di nove vittorie e zero sconfitte, il veterano veneto si riconferma come uno dei pilastri della formazione giuliana dentro e fuori dal campo. Poi vi è il ritorno di Marco Viezzoli, già nel 2011 con i Rangers e con importanti esperienze al vertice del baseball italiano nel delicato ruolo di ricevitore. L’inserimento è molto importante anche perché Viezzoli avrà la possibilità di trasmettere ai più giovani le sue conoscenze, facendo crescere tutto il gruppo. Grazie ad un accordo con la IsCopy Junior Alpina di Trieste arrivano due giocatori, entrambi originari della Repubblica Domenicana insediati in terra giuliana da oltre dieci anni: Darfer Diaz, classe 1991, interno molto duttile che si alternerà con Cristian Iellini nel ruolo di interbase e Juan Carlos Avancini Rodriguez, classe 1993, prima base, lanciatore mancino e mazza pesante. E poi ecco l’accordo con i White Sox Buttrio Baseball che permetterà a due giovani isontini, Marco Borean e Lorenzo Flore, di mettersi in mostra con la squadra friulana in serie B e quindi si scontreranno proprio con gli stessi Rangers, visto che le squadre sono state inserite nel medesimo girone.

I Rangers sono stati inseriti nel girone B di serie B con JuniorAlpina Trieste, White Sox Buttrio, Europa Bagnaria Arsa, Tigers Cervignano del Friuli, Blu Fioi Ponzano Veneto, Dragons Castelfranco Veneto e Palladio Vicenza. (Luca Perrino)

 

15 marzo 2017

Il presidente venezuelano critica duramente la Nazionale di Mazzieri comunque sconfitta 4-3 dai sudamericani: "Mi sembrava avessimo battuto gli Usa perché nessuno di loro vive in Italia o è nato lì". Conti alla mano sono il 25% del roster gli atleti del Bel Paese

 

CARACAS - La squadra azzurra sconfitta dal Venezuela nello spareggio per accedere alla seconda fase del World Baseball Classic "è una truffa". A dirlo è stato il presidente venezuelano, Nicolas Maduro, commentando la vittoria della sua nazionale per 4 a 3. La critica è forte ma non infondata: più che in ogni altro sport, il baseball italiano utilizza oriundi o naturalizzati per poter competere in campo internazionale a un certo livello.

"SEMBRAVA DI GIOCARE CONTRO GLI USA" - "Ma sono italiani questi giocatori? A me sembrava che avessimo battuto gli Stati Uniti, perché nessuno di loro vive in Italia o è nato in Italia: sono giocatori americani con cognome italiano, che organizzano questa mascherata e la chiamano la squadra italiana", ha detto Maduro in un discorso televisivo. L'erede di Hugo Chavez ha poi aggiunto che questo sarebbe impensabile in un mondiale di calcio. "E' un inganno, una truffa, ma non ho visto nessun giornalista sportivo che lo abbia detto", ha aggiunto, prima di chiedere ai suoi compatrioti di "applaudire la nostra nazionale, perché sono tutti nati in Venezuela".

GLI ITALIANI SONO 8 SU 32 - Le critiche di Maduro hanno un senso. Il roster azzurro presente al World Baseball Classic 2017 era composto da 32 atleti e gli italiani veri e propri sono solo un quarto della
rosa ovvero il 25% del totale. Parliamo dei pitcher Filippo Crepaldi, Alessandro Maestri, Orlando Oberto e Luca Panerati, degli infielders Alex Liddi e Alessandro Vaglio, dell'outfielder Sebastiano Poma, e del catcher Marco Sabbatani. 8 italiani in totale su 32 atleti e sono 9 su 32 quelli che militano nella Italian Baseball League. Per il resto la maggior parte sono statunitensi veri e propri, naturalizzati italiani solo per la Nazionale perché magari portano un cognome nostrano.  (Nicolas Maduro)

IL MANAGER DEL VICENZA GIANLUCA MOCCIA
IL MANAGER DEL VICENZA GIANLUCA MOCCIA

Vicenza, 4 marzo 2017

 

.....perché non vieni a giocare con noi in un altro campo d'erba verde e terra rossa?

 

....tutto iniziò così grazie a due miei compagni delle elementari, nonché vicini di casa.....e non finì più.

 

Ho iniziato a soli 6 anni, senza sapere cosa fosse e perché fosse così interessante.

 

Trovai tanti amici, un campo enorme ed un sacco di palline e delle strane mazze, prima di plastica e poi di altri materiali, che servivano semplicemente a divertirsi in compagnia giocando allo sport più bello al mondo che è il baseball.

 

Subito la passione, subito il divertimento e subito la squadra, si perché il baseball è una squadra in primis, fatta di amici, di talenti, di persone, di sportivi (sia chiaro, non atleti ma giocatori di baseball cit. Mr. Baseball movie).

 

Creata l'amicizia con i compagni di squadra che ad oggi perdura, iniziato a capire e soprattutto a giocare a baseball sempre e solo col sorriso, vinto qualche partita, perso qualche incontro, ma da quel giorno a Padova in quel campo da baseball è iniziata la mia carriera sportiva che ad oggi conta 34 anni di dedizione, di impegno e di passione per questo magnifico sport.

 

Fatte tutte le varie categorie giovanili, diventando campione Triveneto nel 1988 a soli 11 anni, sempre e solo col Padova Baseball.

 

Passate le varie categorie giovanili, ragazzi, cadetti, allievi, under 21, serie C, serie B, serie A e finalmente anche professionista in Ibl e non posso non citare la mia apparizione in una rappresentativa Italiana negli Usa nel lontano 1996, assieme a tanti amici di squadra e di sfide.

 

Non potrò mai dimenticare anche quel giorno in cui, durante il solito allenamento della serie C, arrivò un coach della serie B del Padova per dirmi che dal giorno dopo avrei iniziato a far parte della serie maggiore del Padova baseball.....ricordo ancora oggi, come mi batteva forte il cuore e quanta emozione sentivo....

 

La mia carriera sportiva ha avuto il suo massimo livello proprio nei tre anni di under 21 dove ricoprivo in gara uno il ruolo di lanciatore (senza il battitore designato) ed in gara due il ruolo da interbase e tutto questo grazie al miglior allenatore io abbia mai avuto, un americano di nome Matt Castello... devo tutto a lui e ad i suoi insegnamenti.

 

Poi arrivò la vittoria del campionato in una bellissima finale a Roma e la finale di Coppa Italia e da li iniziò ad arrivare qualche offerta da squadre ben più blasonate (Bologna soprattutto).....in sostanza si stava avverando tutto ciò per il quale avevo dedicato tutto me stesso......poi il viaggio con la Rappresentativa Italiana a Los Angeles e purtroppo il rientro col peggior infortunio che potessi subire al braccio, ed un responso che nei mesi a seguire hanno cambiato del tutto la mia carriera sportiva (rottura del legamento sovra spinato e della glena dei rotatori) , in sostanza non avrei più potuto lanciare come prima......a detta dei medici.

 

Seguirono ben 3 interventi alla spalla: 2001/2004/2006....

 

Non ho mai smesso di sperarci e di crederci e infatti oggi, posso dire che a parte i periodi di riabilitazione, io non ho masi smesso di giocare a baseball in quello stesso campo del Padova, che ha visto me, crescere e realizzarmi assieme a tanti amici.

 

Per due anni ho anche allenato gli under 21 del Padova, ma poi, causa lavoro ed impegni familiari, mi sono dedicato esclusivamente ad essere un giocatore di baseball sognatore.....e causa infortunio, ricoprivo orami solo il ruolo di interbase.

 

Il tanto sperato sogno ed obiettivo di diventare professionista, finalmente arrivò, ma la mia stella forse proprio non voleva brillare perché in pre-season, durante un'amichevole a Rovigo, tornai a casa col secondo responso peggiore per me, ovvero rottura del crociato anteriore e del menisco....fine delle mie possibilità di essere preso in considerazione dal Padova baseball, infatti i due anni a seguire riuscii a fare poche apparizioni in Ibl, pur togliendomi delle gran belle soddisfazioni personali sportive.

 

Però i 40 anni ormai erano arrivati e per non perdere ciò che più amavo ovvero giocare a baseball divertendomi, capii che Padova non era più la squadra che ricordavo e che amavo, così grazie a tanti amici e soprattutto grazie ad un ottimo rapporto con une delle persone più serie e corrette che conosco, il Presidente Emiliano Busacchi, abbiamo iniziato a parlare e a trovare un'idea comune per intraprendere una nuova realtà a Vicenza, città che conoscevo bene per le tante e stupende sfide, nei tanti anni passati in giovane età.

 

E così senza pensarci un secondo, ho chiesto di poter giocare in serie B a Vicenza e magari, se potevo, di dare una mano allo staff tecnico ed alla squadra, nel tentativo di trasportare ciò che avevo imparato in tutti quegli anni a Padova, avendo soprattutto avuto la fortuna di giocare ed allenarmi con alcuni professionisti che ad oggi stimo ancora.

 

Quindi la stagione 2016 mi ha visto giocare in serie B a Vicenza e sempre grazie ad Emiliano, creare le basi per iniziare questa stagione non solo come giocatore ma anche come allenatore della prima squadra.

 

La squadra ha reagito positivamente al cambiamento e devo ammettere che ogni giocatore sta mettendo tutto il proprio impegno per aiutarmi sia come compagni di squadra che come giocatori che cerco di allenare nel miglio modo possibile perché crescano, si divertano e magari con l'obiettivo di raggiungere insieme tanti bei risultati sportivi e perché no professionali.

BEN ZOBRIST dei CHICAGO CUBS
BEN ZOBRIST dei CHICAGO CUBS

Milano, 3 marzo 2017

David Waldstein, giornalista del New York Times che segue il baseball della Mlb, ha sintetizzato in modo ineccepibile il dibattito sulla lentezza delle partite della Major league, tempo medio tre ore (ma anche quattro). «Ve lo immaginate il portiere di una squadra di calcio che alza la mano, ferma il gioco, cammina per 30 metri fino a metà campo, comincia a discutere una questione tattica con un compagno di squadra, tutti aspettano che la discussione finisca, il portiere torna in area e finalmente il gioco riparte. Poi però due minuti dopo, stessa scena. Non dovrebbe neanche chiedere un timeout, se nel calcio ci fosse il timeout: fermerebbe il gioco e basta. Ve lo immaginate?».

Pura follia. Si discute da anni su cause e possibili rimedi del dilatarsi dei tempi «di non-gioco» (il problema nasce a gioco fermo) del baseball americano. Ora il New York Times in attesa che cominci la nuova stagione ha chiesto a cronisti, commentatori e tifosi di dire la loro in un lungo articolo che sta facendo discutere e forse — forse — potrebbe influenzare la lega e far cambiare qualche regola. La premessa ovvia è che il baseball resta un gioco pieno di storie meravigliose, esempio più recente il titolo dell’anno scorso con il trionfo dei super-perdenti Chicago Cubs (la cui ultima vittoria in campionato era del 1908). Un sport in cui le superstar hanno vita difficile e la squadra più ricca — il Real Madrid del Mlb — cioè i New York Yankees, vince poco. Dove i campioni assoluti si ritirano tra gli applausi, vedi gli ultimi casi di Mariano Rivera e Derek Jeter la cui stagione finale si è tramutata in un giro d’onore in tutti gli stadi avversari.

 

I riformisti si dividono tra linea dura e più soft: chi è meno agguerrito ricorda che per risparmiare preziosi minuti — decine, alla fine — basterebbe abolire la tradizione per la quale ogni giocatore è accompagnato all’ingresso in campo prima dell’azione da una canzone a lui dedicata. Limitare i finti «timeout» di cui parlava Waldstein o addirittura quelli effettivi è un altro possibile rimedio. Impedire al coach di salire sulla pedana del lanciatore per discorsi che potrebbe fare prima di mandare in campo il giocatore sembra essere in assoluto la soluzione più popolare. Perché invece i rimedi proposti da chi ama la «linea dura» rischierebbero di cambiare la natura del gioco più americano di tutti, quello che incarna la storia del Paese, basta pensare a Underworld (1997), capolavoro di Don DeLillo che racconta il dopoguerra attraverso la pallina dell’azione finale dello storico match del 1951 tra New York Giants e Brooklyn Dodgers. La «linea dura» taglierebbe una parte della partita: ridurre i tempi del match (inning da 9 a 7, se non a 5). O cambiare qualcosa in termini di dimensioni del campo, peso della pallina o della mazza per vedere più spettacolo, più fuori campo, e essere così compensati per la lunghezza atroce di certi match. Una bestemmia sportiva? Probabilmente. Ma dai playoff in poi, quando ogni match è decisivo, le partite si allungano con l’aumentare della posta in palio. E le World Series sono sempre alla sera: per questioni di fuso orario a volte le partite finiscono tardissimo.  (Matteo Persivale)

 

Bologna, 20 febbraio 2017

Perso Matt Zielinski, che ha firmato per i Somerset Patriots, il direttore sportivo dell’UnipolSai, Christian Mura, si è rimesso al lavoro. E perso il pitcher che aveva guidato la Fortitudo alla conquista della stella, ecco da Mesa, in Arizona, un lanciatore che ha caratteristiche ancora migliori. Rudy C. Owens è un mancino di 29 anni (è nato il 18 dicembre 1987) che a nemmeno vent’anni è entrato nell’orbita dei Pittsburgh Pirates.

 

E curiosamente negli ultimi tempi ha giocato proprio per i Somerset Patriots. Dotato di una veloce che sfiora le 90 miglia orarie, è accreditato di un cambio che disorienta i battitori con un repertorio che prevede anche curve e slider. L’unica incognita, come accade per ogni straniero che per la prima volta sbarchi in Italia, è la capacità di adattarsi e di capire la nuova realtà. Ma Rudy parte con il piede giusto: ha accettato subito l’Italia, senza creare problemi. Lui e l’altro lanciatore, Garcia, dovrebbero sbarcare in Italia a fine marzo. La società, comunque, ha conservato buoni, anzi, ottimi rapporti con Matt Zielinski e Raul Rivero e non è detto che in futuro, anche nel corso di questa stagione...

 

Intanto, per due lanciatori che devono ancora arrivare, eccone un terzo, nuovo, che è già sbarcato sul campo di allenamento di Casteldebole. Si tratta di Roberto Corradini, classe 1978, che in passato, spesso e volentieri, con i suoi lanci ha fatto male (sportivamente parlando) alla Fortitudo. Da questa stagione, però, Corradini metterà a disposizione la sua esperienza e il suo grande spirito di sacrificio a favore del manager biancoblù Lele Frignani.

(Alessandro Gallo)

DAVIDE NOVELLO
DAVIDE NOVELLO

5 febbraio 2017

PADOVA. Nuova linfa per il roster del Tommasin Padova. La società biancorossa, che si appresta ad iniziare la sua quarta stagione in Italian Baseball League, ha tesserato il giovane esterno Davide Novello, 17 anni, cresciuto nelle file dei Dragon di Castelfranco Veneto e attualmente all'Accademia Federale di Tirrenia. Novello, che l'anno scorso ha giocato con il Rovigo in B, è uno dei perni della Nazionale Under 18 che si è classificata al secondo posto agli ultimi Europei di categoria. Con questo ulteriore ingaggio il presidente Bobo Tommasin conferma l'obbiettivo della società di puntare sui giovani talenti italiani, e nello stesso tempo di rafforzare la collaborazione con le altre società venete. Novello farà il pendolare da Tirrenia fino ai primi di giugno, dopodiché, concluso l'anno scolastico, sarà a tempo pieno a disposizione del manager Francesco Aluffi. Il Tommasin ha inoltre raggiunto l'accordo anche per il 2017 con il pitcher venezuelano Roberto Canache, che già l'anno scorso ha vestito i colori biancorossi. (si. va.)

JOHN CORTESE
JOHN CORTESE

 

30 gennaio 2017

GROSSETO. Mazzieri nello scorso fine settimana ha iniziato a preparare nel suo stadio, lo Jannella, il World Baseball Classic, con l’obiettivo di incantare il mondo, come fece nel 2013. Sarà l’ultimo atto di un’esperienza di 10 anni con la nazionale.

 

«Faccio il Classic e poi chiudo – dice Marco Mazzieri - Mi piacerebbe riuscire a ricreare entusiasmo a Grosseto, con un gruppo di persone affidabili, ricostruire la società e dopo fare una squadra. Ridare qualcosa alla mia città che a me ha dato tanto ed evitare che possa andare in rovina questo stadio dove ho vissuto buona parte della mia vita».

 

L’ex capitano del Bbc (912 in biancorosso con gli scudetti 1986 e 1989) saluta l’azzurro, ma due indimenticabili campioni legati alla Maremma, hanno iniziato la loro avventura con la nazionale. John Cortese, 62 anni, cinque stagioni e due scudetti (1986 e 1989) con il Grosseto è stato nominato manager della Under 18; Roberto De Franceschi, 52 anni, tre stagioni, uno scudetto (2004) e una coppa Campioni (2005) in Maremma, è l’allenatore dell’Under 15.

 

«La scelta è caduta su questi due grandi campioni – sottolinea il presidente Fibs Andrea Marcon, che ha annunciato la loro nomina alla Coach Convention di Treviso – per la loro carriera ma soprattutto per le loro indiscutibili capacità tecniche. De Franceschi è stato tra i fondatori della Nettuno Academy, che si è subito imposta nel mondo del baseball italiano».

 

Esulta anche il consigliere federale Alessandro Cappuccini: «Marcon ha inserito negli staff due personaggi di grande spessore. Cortese, il “Cobra”, mio compagno di squadra, mi costringe ad aprire l’album dei ricordi: al suo nome, al suo braccio da interbase sono legati alcuni dei momenti più belli della storia del Bbc Grosseto».

È Andrea Marcon, 43 anni di Castions di Strada: non era mai accaduto per questa regione

 

CASTIONS DI STRADA. Il friulano Andrea Marcon è stato eletto presidente della Federazione Italiana Baseball e Softball. Si tratta di un risultato storico per il Friuli Venezia Giulia: prima d’ora nessun altro regionale era arrivato così in alto, neppure negli altri sport. Andrea Marcon, nato a Montreal nel 1973, figlio di friulani emigrati in Canada per lavoro, all'età di 6 anni è rientrato a Castions di Strada, dove tuttora risiede. Ha un fortissimo legame con la sua terra, tanto che subito dopo l'elezione a presidente ha sentito l'esigenza di iniziare il discorso di ringraziamento in friulano. Una vittoria “Pa me tiare e pa me int”, perché «tutto quello che sono lo devo al Friuli. Vorrei dedicare questo successo alla mia famiglia, ai miei colleghi, ai miei amici, ai componenti dell'associazione Enjoy it! e al gruppo ChangeUp che mi ha sostenuto alle elezioni. Ringrazio le mie due piccole donne, Alice e Gioia, a cui ho chiesto il sacrificio più grande in questi due anni. Dedico il successo a mio papà Luigi e al mio amico Johnny, che se ne sono andati troppo presto, ma che-sono certo- staranno festeggiando al grido di Alè Udin». Militare della Guardia di Finanza, Andrea Marcon è entrato nel mondo del softball come classificatore. È stato poi tecnico e arbitro a livello internazionale fino al 2010. Dal 2011 è stato Direttore degli arbitri della ESF (European Softball Federation), da cui ha dato le dimissioni un mese fa. Andrea Marcon è anche il fondatore di Enjoy It!, associazione che si è contraddistinta per l'organizzazione di eventi in Fvg. Si ricordano, in particolare, il torneo di qualificazione alle Olimpiadi di Atene (Eurafrica 2007) e l’Europeo di softball 2011. Chi conosce personalmente Andrea ne apprezza soprattutto la grande intraprendenza, la capacità di lavorare in gruppo e anche la determinazione. Quando si pone un obiettivo lavora tenacemente per raggiungerlo, con decisione e caparbietà. Due anni fa, sostenuto da un gruppo giovane e dinamico, ha deciso di candidarsi alla presidenza Fibs, nel tentativo di dare una svolta e nuovo impulso al movimento nazionale. All’assemblea elettiva che si è svolta sabato a Salsomaggiore Terme Marcon ha vinto al ballottaggio. Al primo spoglio Massimo Fochi aveva ricevuto 5.422 voti (pari al 43.45%), mentre Andrea Marcon (4.321 voti, pari al 34.54%). Fuori dai giochi Alberto Antolini con 2.612 voti (il 20.88%). Al ballottaggio Marcon ha ottenuto 6.165 voti, pari al 51.33%. Massimo Fochi si è fermato a 5.825 voti, pari al 48.66%. «Ci credevo moltissimo- spiega Andrea-. Al ballottaggio la questione si è complicata e non ero per niente certo di vincere. 300 voti di differenza su 12 mila sono veramente un’inezia». Nel direttivo nazionale è stato eletto, anzi riconfermato, anche il triestino Fabrizio De Robbio. «Mercoledì (domani, ndr) si svolgerà il primo consiglio federale- ha detto Marcon-. Abbiamo le professionalità giuste per ridare vigore alla federazione, sia dal punto di vista amministrativo che sportivo». La notizia dell’elezione di Marcon ha fatto il giro del mondo in poche ore. In Friuli Venezia Giulia, terra di grande tradizione ed eccellenza sportiva, le società sportive di baseball e softball hanno festeggiato la notizia, mostrandosi unite, così come lo sono state nel sostenere la candidature del castionese. Grande gioia anche dal presidente regionale del Coni, Giorgio Brandolin, che, appena appresa la notizia, ha espresso grande soddisfazione per un prestigioso risultato che dà lustro a tutto il movimento sportivo regionale. (m.t.) 30 novembre 2016

 

Fonte: GAZZETTA DI PARMA

 

Gerali confermato alla guida del Parma Baseball: "Obiettivo playoff"

 

14 ottobre 2016

La società 1949 Parma baseball Club ha annunciato di aver confermato il tecnico Gilberto Gerali, che quindi resterà anche per la stagione 2017 alla guida della prima squadra, iscritta al campionato di Italian Baseball League.

 

GILBERTO GERALI
GILBERTO GERALI

Dice un comunicato della società:
La necessità di proseguire nel percorso di crescita tecnica avviato nella scorsa stagione e la reciproca soddisfazione relativamente al rapporto instauratosi tra il tecnico e la società ha indotto le parti a rinnovare un accordo destinato a garantire alla squadra una figura di grande carisma e spessore umano che rappresenterà ancora una volta un valore aggiunto sia per quanto riguarda l’aspetto strettamente tecnico-agonistico che a livello di immagine.


La società, nelle persone del presidente Paolo Zbogar, del direttore sportivo Maurizio Renaud, del vice presidente Andrea Savani e di tutti I componenti del consiglio direttivo, nell’esprimere gratitudine al tecnico per la professionalità, la competenza tecnica e l’attaccamento dimostrati nel corso della passata stagione e la comprensione delle esigenze e delle necessità del club evidenziate nel corso della trattativa per il rinnovo del rapporto, desidera rinnovare la propria fiducia a Gilberto Gerali, al direttore Tecnico Gianguido Poma e a tutto lo staff, in vista di una stagione importante, nella quale sono nel mirino rilevanti obiettivi agonistici.


Il manager del Parma 2017 ha così commentato l’accordo per il rinnovo della collaborazione: “Sono molto soddisfatto, in quanto ho sempre avuto il desiderio e la volontà di portare avanti il lavoro della scorsa stagione. Credo che quest’anno ci sia la possibilità di lavorare con maggior tranquillità e disponibilità dal punto di vista tecnico”
Alla base della decisione di proseguire il rapporto con il Parma ci sono motivazioni precise: “Chiaramente al termine di una stagione c’è sempre un momento di riflessione, io volevo essere sicuro che le parole relative alla volontà di ristrutturare e far crescere la struttura fossero reali. Avendo constatato una grande serietà e la volontà di riportare la squadra maggiore della città ai livelli che le competono, non ho avuto esitazioni nel condividere il progetto, sia dal punto di vista tecnico-professionale che umano.”

“Mi è stato chiesto, ovviamente di migliorare il piazzamento in campionato - dice Gerali nel comunicato - ed è ovvio che questo significa centrare i playoff, ai quali dico sempre che la squadra di Parma deve puntare per tradizione e ampiezza del movimento. La voglia di migliorarci c’è, soprattutto nella società, anche se sono consapevole dei tempi che corrono e non posso certo pretendere la luna, ma ho preso atto che I programmi sono seri e c’è la volontà di costruire un complesso importante”. 
In questa fase non è ancora possibile parlare di nomi, nuovi o vecchi, che comporranno il roster della squadra, tuttavia il tecnico ha ben chiaro in testa che Parma sarà al via della stagione in divenire:


“Certamente ognuno ha le sue visioni in merito all’aspetto tecnico, so che ci sono state critiche per il finale della passata stagione, ma noi lavoriamo sodo e sappiamo bene cosa abbiamo sbagliato e dove dobbiamo migliorare e se possibile rinforzarci. Se riusciremo a portare maggiore esperienza e qualità sarebbe una cosa importante. Sono fiducioso perché la società ha dimostrato di essere disposta a fare diversi sacrifici per metterci a disposizione giocatori importanti nelle posizioni giuste. Cerchiamo di allestire un roster più lungo e non soffrire dei problemi che hanno condizionato la prima parte della scorsa stagione”. 

 

Fonte: IL TIRRENO  

 

Vic, un vincente anche sui diamanti svizzeri

Grosseto, 13 ottobre 2016

È un vincente di natura Vic Luciani: sia come giocatore e poi manager di baseball, ha praticamente trionfato a tutte le latitudini. L’ultima impresa è stata la conquista del campionato svizzero, alla guida dei Therwil Flyers di Basilea.

 

Una mezza impresa quella messa in piedi da uno dei tecnici fra i più amati in Maremma, condottiero di quel Bbc Grosseto che imperava negli anni d’oro. In Svizzera Vincenzo, ma solo per l’anagrafe, ha continuato a fare quello che gli riesce meglio: allenare e insegnare baseball. Nel giro di un paio di stagioni, in un campionato paragonabile ad una buona serie B italiana, Luciani è riuscito così a salire sul gradino più alto, battendo i campioni in carica dei Barracuda di Zurigo. Proprio Vic ha raccontato la sua esperienza: «Ero già stato chiamato dalla squadra dei Flyers nel 2007, e iniziammo un lavoro con le squadre giovanili che oggi ha portato i suoi frutti. Infatti, quando poi sono tornato due stagioni fa, ho ritrovato quei ragazzi, oggi uomini, e ci siamo tolti delle belle soddisfazioni».

VIC LUCIANI
VIC LUCIANI

La stagione dei Therwil è stata quasi perfetta. Il massimo campionato svizzero è composto da 8 squadre per un totale di 28 partite, e il nove di Basilea allenato da Vic ha inanellato 26 vittorie e solo due sconfitte, qualificandosi direttamente alle semifinali dei playoff. Nel primo turno i bianco blù hanno battuto 3-0 i Challenger di Zurigo e poi in finale hanno affrontato l’altra squadra sempre di Zurigo, appunto i Barracuda: altro 3-0 e trionfo. «È stata una grande emozione - confida Vic - anche perché la squadra è composta quasi esclusivamente da giocatori locali, un paio di stranieri e due venezuelani naturalizzati. Le altre squadre ne hanno molti di più per esempio. Che devo dire? - aggiunge lo skipper dei Flyers - Se mi richiamano ci torno di corsa. L’ambiente è molto familiare e anche se c’è un solo campo da baseball vero, a Zurigo (le partite si giocano sui prati attrezzati), tutte le società cercano di crescere costantemente. Mi sono trovato a meraviglia e i ragazzi fanno enormi sacrifici per giocare. E’ un baseball senza pressioni, ma quando si vince la gioia è la stessa che si prova in una grande lega».

 

LA STAMPA Novara

 

Si ritira il novarese Claudio Liverziani, uno dei grandi del baseball italiano

 

L’addio all’attività a 41 anni, dopo oltre mille partite in serie A e 103 presenze in nazionale

 

Claudio Liverziani in maglia Fortitudo Bologna dove ha giocato per 14 anni
Claudio Liverziani in maglia Fortitudo Bologna dove ha giocato per 14 anni

 

5 ottobre 2016

Dopo oltre mille partite in Italian Baseball League (la serie A del baseball) e 103 presenze in nazionale, a 41 anni ha deciso di appendere il guantone al chiodo. Ma, conoscendolo, è difficile pensare che si stacchi dal mondo del “batti e corri”, quel mondo che lo aveva visto muovere i primi passi proprio con la squadra di Novara, lui novarese doc, nel 1991 a 16 anni in serie A.  

 

La sua ultima squadra è stata la Fortitudo Bologna, con cui ha vinto tutto quello che c’era da vincere. E alla stessa Fortitudo ha consegnato una lettera d’addio, il suo commiato: «Ho comunicato alla società la mia volontà di smettere - ha scritto Liverziani -.

 

Decisione sofferta, per tutto quello che abbiamo condiviso insieme, ma allo stesso tempo consapevole e presa in totale serenità. Mi sento un privilegiato per aver potuto giocare così tanti anni e orgoglioso di aver potuto concludere il mio percorso vincendo lo scudetto più ambito, quello della stella. Vi mando un arrivederci per altre nuove sfide da vincere insieme». 

 

Claudio Liverziani aveva iniziato a giocare per vocazione di famiglia. Suo padre Guido (scomparso nel 2006) è stato uno dei fondatori del Baseball Novara e il fratello aveva iniziato presto a giocare a baseball. All’inizio si era avvicinato al basket, poi il baseball e l’ingresso nelle giovanili del Porta Mortara. 

 

Nel corso della sua carriera nella Italian Baseball League Liverziani ha messo assieme numeri che ne fanno uno dei più importanti giocatori di sempre del baseball italiano: 1111 presenze (683 con la maglia di Bologna), 1284 valide, 106 fuoricampo, 759 punti battuti a casa e 978 basi ball ricevute, primatista assoluto. Ha vinto 7 scudetti (1999 e 2000 con il Rimini; 2003, 2005, 2009, 2014 e 2016 con la Fortitudo Bologna) e 2 Europei per Club (2012 e 2013 con Bologna). 

 

Con la mazza in legno, Liverziani è secondo ogni tempo dietro a Jairo Ramos sia per numero di fuoricampo (80 contro 96) che come punti battuti a casa (572 contro 628). Vanta 103 presenze in nazionale e in azzurro ha giocato 3 Olimpiadi: Atlanta 1996, Sydney 2000 e Atene 2004. (Marco Piatti)

Paternò, i Red Sox campioni d'italia di baseball
«È una grande impresa contro i campioni uscenti»

Al Warriors Field entusiasmo alle stelle dei fans siciliani
Al Warriors Field entusiasmo alle stelle dei fans siciliani

Salvatore Caruso 3 ottobre - MeridioNews

 

Red Sox Paternò campioni d’Italia 2016 di baseball. Un tricolore inaspettato conquistato col sacrificio di una società sportiva con le risorse contate e che ha rischiato concretamente, alla vigilia dei play-off scudetto, di non poterli disputare perché non si trovavano i soldi per coprire i costi delle trasferte. Dopo tanti sacrifici il cielo è diventato biancorosso sul diamante del Warriors field di contrada Mauta Ficuzza. Un vero miracolo sportivo contro il Bollate, campione d’Italia uscente

 

I Red Sox hanno vinto in rimonta la finale dopo il due a zero subito sabato scorso sul diamante lombardo - la finale prevedeva la conquista del tricolore al meglio delle cinque gare -. I ragazzi del manager Riccardo Messina e del presidente Nunzio Botta non hanno tenuto conto dell’handicap iniziale, e sin da gara tre, giocata sabato pomeriggio alle falde dell’Etna, hanno dimostrato di crederci di più rispetto agli avversari. La vittoria per 14 a 10 sul Bollate, ha riacceso la voglia di vincere dei locali che hanno piegato, dopo un incontro estremamente equilibrato, solo al nono inning di gara quattro Il Bollate, Decisiva a questo punto gara cinque con i Red Sox che hanno avuto la meglio per cinque a zero

 

Al termine della gara grande entusiasmo sugli spalti con oltre 600 gli spettatori a seguire le gare. «Abbiamo fatto un impresa - spiega a MeridioNews il manager Riccardo Messina - perché il Bollate è il campione d'Italia uscente. Non era semplice rimetterci in carreggiata dopo la duplice sconfitta in terra lombarda, ma i ragazzi hanno giocato col cuore. Adesso ci godiamo questa vittoria e tra qualche giorno programmeremo il futuro».

 

Soddisfatto il presidente della federazione baseball siciliana Michele Bonaccorso: «Uno scudetto meritatissimo conquistato dopo tantissimi chilometri, difficoltà di tutti i tipi. Non si trovavano aerei per le trasferte ne autobus, ma alla fine è stato raggiunto lo scudetto». Emozionato anche il sindaco di Paternò Mauro Mangano che, senza voce per il tifo dagli spalti, ha premiato vincitori e vinti: «Oggi ha trionfato lo sport. Grazie ai ragazzi e alla società dei Red Sox. Il nome di Paternò vola sempre più in alto».

Rimini, Rino Zangheri: "Stavolta mollo il baseball"

Lo sfogo del presidente dei Pirati dopo la finale delle polemiche

Rimini, 23 agosto 2016 Era a casa, Rino Zangheri, non sulle tribune del ‘Falchi’. Ma questa scelta, di non seguire personalmente la sua squadra a Bologna nella sesta sfida della finale scudetto, con gli emiliani avanti 3-2 nella serie, non gli ha impedito di soffrire le pene dell’inferno tra la diretta video sul web e il quasi permanente contatto telefonico con alcuni dirigenti, il fidato Gianluca Giani in primis. Ore interminabili, con quel senso di impotenza che non si confà certo al presidentissimo del baseball riminese, l’uomo che dal lontano 1973 è gagliardamente al timone della società. Un tipo, Zangheri, che si incendia facilmente, un personaggio che si scalda subito quando gli toccano i suoi ragazzi.

 

E a caldo, perchè la ‘botta’ è ancora molto fresca, il ‘pres’ ha una brutta idea che gli ronza in testa. "Con questa baraonda di roba, a me il baseball, questo baseball, non interessa più. Nel prossimo campionato ritiro la squadra, mi chiamo fuori", è il preoccupante proclama di Zangheri, che poi continua: "Ho vinto diversi scudetti, altrettanti ne ho persi, fa parte dello sport. Ma a perdere un titolo senza che i miei ragazzi abbiano colpe no, così proprio non ci sto". E' a dir poco amareggiato Rino, 84 anni compiuti lo scorso giugno, una consistente fetta di vita dedicata al ‘batti e corri’, un amore esploso tanti lustri fa vedendo alcuni ragazzi che si divertivano con lo sport della mazza e del guantone. 

 

"Adesso mi sono stufato di questa gente, a Bologna in tribuna c’era anche il vice-presidente federale, nessuno che abbia fatto niente, che abbia preso una decisione davanti a una roba del genere...", mastica amaro il presidente dei Pirati, che la settimana scorsa, in tempi meno ‘caldi’, aveva chiesto di ospitare a Rimini il concentramento a quattro che assegna la Coppa Italia nell’eventualità che i neroarancio avessero perso la finale scudetto con Bologna. Sarà ancora così? "Credo di sì, ormai mi sono impegnato. Nel weekend ospiteremo questa coppa, poi basta. Al massimo l’anno prossimo faremo una serie A federale con i nostri ragazzi, ma niente più Ibl (il massimo campionato, ndr)", fa una piccola concessione Zangheri, che deve naturalmente sbollire la rabbia, anche se sembra alquanto risoluto. 

Domenica sera, sul campo, hanno ‘battagliato’ invece soprattutto i tecnici, il manager Orlando ‘Pepita’ Munoz e l’allenatore dei lanciatori, Pierpaolo Illuminati. "L’arbitro capo Filippi aveva detto che la partita l’avrebbe in ogni modo portata a termine, anche alle 8 di mattina – dichiara Illuminati –. E allora nella seconda interruzione perchè non è andato a sollecitare i bolognesi affinchè usassero la stessa solerzia della prima pausa, quando faceva gioco a loro la ripresa del gioco? Chi deve intervenire, è quello il modo di gestire una situazione del genere?"  ALB. CRESC.

Rimini, 22 agosto 2016

 

Baseball: Fortitudo campione dopo la notte dell’assurdo

 

 

La Fortitudo è campione d’Italia: un successo meritato per quello che si è visto in campo, e questo va subito riconosciuto, ma che arriva in un modo che lascia l’amaro in bocca a Rimini per la storia paradossale di gara 6. Non succede niente fino alla quarta ripresa, quando Vaglio con un doppio spinge a casa base i due punti che – lo si saprà a notte fonda – valgono lo scudetto a Bologna. Poco dopo le 22, verso la fine del quinto attacco di Rimini – sul 2-0 e quando ai padroni di casa manca solo un out per arrivare alla soglia dell’omologazione del risultato – si  abbatte sul Falchi un violento acquazzone. Gli arbitri decidono per una sospensione di un’ora e mezza, durante la quale addetti e volontari lavorano di gran lena per ripristinare l’agibilità del campo. Il gioco riprende poco dopo mezzanotte ma si riesce solo ad arrivare alla sesta ripresa, col risultato invariato, perché all’una ricomincia a piovere con forza. Di nuovo addetti in campo ma alle due arriva un nuovo rovescio: gli arbitri questa volta decidono che non ci sono margini per riprendere e di finirla così . Dopo quattro ore in cui si è giocato un solo inning, in campo ci tornano solo i giocatori della Fortitudo per festeggiare lo scudetto. I pirati tornano a casa con il rammarico di non essere mai entrati in partita. Una partita che però non è finita all’ultimo out per via del regolamento che permette di omologare il risultato dopo cinque riprese. Un regolamento che, se può avere senso in regular season per evitare di allungare le trasferte (per un’amara coincidenza, Rimini ha perso per lo stesso motivo la prima di campionato a Padova), in questo caso ha invece portato a un epilogo poco consono a una finale per lo scudetto. (m.c.)

 

Dal quotidiano Il Piccolo di Trieste

21 agosto 2016

 

Baseball, stagione-no per la Junior Alpina Iscopy

L’head coach Stantolupo: «Squadra molto giovane e inesperta ma abbiamo gettato le basi per il futuro»

 

TRIESTE. Mentre a livello giovanile i motori sono rimasti ancora accesi in vista degli ultimi impegni, la prima squadra della Iscopy Junior Alpina Trieste ha calato il sipario sulla sua annata. E l'head coach Daniele Santolupo ne traccia un bilancio.

 

«La stagione conclusa ha presentato delle difficoltà tecniche, poi tramutate in dei risultati non positivi. La squadra ha affrontato il campionato di categoria non sempre in condizioni pari con le avversarie, vista la mancanza di esperienza, ritmi di gioco e così via. La rosa schierata è stata tra le più giovani del girone, se non la più giovane con un'età media di 22 anni. Per competere con compagini più esperte ed attrezzate, non può sempre bastare l'impegno. Di questo ne ero consapevole fin dalle prime settimane di lavoro svolto con il gruppo, ma non ci ho dato molto peso. Sono andato avanti per la mia strada, cioè quella di garantire turni di battuta, inning lanciati e spezzoni di partite contro giocatori pro. A me piace, in ogni caso, vedere il bicchiere mezzo pieno e perciò dico, che abbiamo dato la possibilità ai giovani del club di affrontare un gioco del baseball più elevato rispetto a quello proposto dai campionati giovanili». Il tecnico, quindi, aggiunge: »Questa stagione, come già anticipato ai ragazzi, deve essere presa da inizio di un percorso di apprendimento. Perdere non piace a nessuno, specie con un passivo poco qualificante. Il prossimo campionato dovrà essere disputato, tenendo tutto ciò che è stato appreso nel bene e nel male in questa annata. Quando hai a che fare con un giovane, occorre avere pazienza, rigore, volontà e coraggio di mettersi alla prova. Le condizioni ora per fare bene ci sono».

 

L'allenatore laziale afferma inoltre: «All'inizio della stagione, ai primi contatti con la dirigenza, avevo consigliato che si sarebbe dovuto lavorare per un paio d'anni dal momento in cui si sarebbe intrapreso questo tipo di percorso. Da parte mia ci sono interesse e volontà nel proseguirlo. Prossimamente faremo il punto della situazione con la società su come pianificare il lavoro. Colgo l'occasione per ringraziare la dirigenza per l'opportunità datami per fare questa esperienza da manager e ringrazio lo staff tecnico al completo per il supporto e l'apporto fornito in questi mesi. Infine la squadra: senza i ragazzi non si possono vivere queste emozioni sportive. Come ho detto a loro durante questi mesi, porsi un obiettivo è la più forte forza umana di auto motivazione». (m.la.)

 

Dal sito:

www.grandeslam.net 

DANIELE SANTOLUPO E' IL NUOVO MANAGER DELLO ISCOPY JUNIOR TRIESTE

 

Pubblicato Mercoledì, 24 Febbraio 2016 16:55

 

Scritto da Cristina Pivirotto

Quando si decide di acquisire nuovi elementi per rinforzare una squadra, si sa, si sceglie tra chi possa effettivamente portare un knowhow di valore, proteso al miglioramento di una situazione esistente. In questa ottica, sicuramente, la Iscopy Alpina di Trieste ha scelto uno dei migliori elementi per sostituire, dopo sette anni di attività, un “grande” come Adriano Serra.

La scelta è caduta su Daniele Santolupo, trentenne apriliano che, per quanto giovane, vanta un trascorso di ottimo valore nel mondo del baseball. La sua carriera di giocatore l'ha visto vincere tra le altre cose due titoli di campione d'Europa con la Nazionale giovanile e il titolo di serie A con l'Enegan Grosseto nel 2014. In mezzo a tutto questo, dal suo esordio da sedicenne, una serie di squadre che lo hanno avuto tra i migliori in campo: Anzio, Paternò, Rimini, Parma e poi ancora Rovigo e Grosseto.

 

Grande esperienza e grande carattere lo hanno fatto apprezzare anche durante il suo lavoro presso l'Accademia di Tirrenia, per l'impegno e la serietà che tratteggiano la sua attività con la preparazione delle nazionali azzurre. Adriano Serra rimarrà comunque un solido aiuto per il giovane Santolupo, come si conviene in una sano passaggio di consegne. Sicuramente non facile la successione ed il testimone passato a Santolupo non è di quelli più leggeri, ma sicuramente il carattere dell'apriliano non gli permetterà di fare meno di un pregevole lavoro.

A Daniele Santolupo, membro dello staff del sito Grandeslam.net (cliccando QUI vedrete tutti i suoi lavori), va un grande in bocca al lupo da parte nostra per questo nuovo incarico!